La guida di Gestisko.Ortigia

Gestisko.Ortigia
Gestisko.Ortigia
La guida di Gestisko.Ortigia

Dove Mangiare e Bere

Ottima colazione, locale moderno e personale gentile
ROYAL LOUNGE BAR
62 Corso Umberto I
Ottima colazione, locale moderno e personale gentile
Location unica, Personale preparato e professionale. Aperitivo domenicale e musica Live. I migliori cocktail a Siracusa
81 locals recommend
Barcollo
6 Via Pompeo Picherali
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Location unica, Personale preparato e professionale. Aperitivo domenicale e musica Live. I migliori cocktail a Siracusa
Personale fantastico, ottimi prodotti tipici e vini selezionati
Mappititta
104 Corso Umberto I
Personale fantastico, ottimi prodotti tipici e vini selezionati
Personale squisito, Colazioni, caffè ed aperitivi di livello
Memento Aperitif & Coffee
123 Viale Tica
Personale squisito, Colazioni, caffè ed aperitivi di livello
Locale caratteristico, miglior rapporto qualità prezzo. Prodotti freschissimi
La Spigola Trattoria Ristorante Siracusa Specialità Pesce
3 Via Senatore Gaetano Moscuzza.
Locale caratteristico, miglior rapporto qualità prezzo. Prodotti freschissimi
Luogo caratteristico, piatti di pesce particolari
17 locals recommend
Carnezzeria - fishfood
29 Via Emmanuele de Benedictis
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Luogo caratteristico, piatti di pesce particolari
Locale moderno, Pizza alla pala e panini
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Pizzeria 80 Fame
8 Via Trieste
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Locale moderno, Pizza alla pala e panini
Gelateria artigianale
Gelateria Dolce Gusto
20 Via dei Mille
Gelateria artigianale
Prodotti tipici del territorio, taglieri di salumi, formaggi.
89 locals recommend
Fratelli Burgio
4 Via Emmanuele de Benedictis
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Prodotti tipici del territorio, taglieri di salumi, formaggi.
Aperitivi al tramonto e locale notturno molto frequentato
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Burgio al porto
6 Foro V. Emanuele II
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Aperitivi al tramonto e locale notturno molto frequentato
Ottima location nel centro di Ortigia, buona selezione di distillati. Cortile davvero suggestivo.
43 locals recommend
Verga Courtyard - Cafeteria
33 Via della Maestranza
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Ottima location nel centro di Ortigia, buona selezione di distillati. Cortile davvero suggestivo.
Aperitivo al Tramonto con vista sul mare di Ortigia
20 locals recommend
Sunset Ortigia
Lungomare Alfeo
20 locals recommend
Aperitivo al Tramonto con vista sul mare di Ortigia
10 locals recommend
Viola Espresso Bar
51c Corso Giacomo Matteotti
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17 locals recommend
Viola Bakery
43 Via Roma
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33 locals recommend
La Tavernetta da Piero
59 Via Cavour
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La Lisca Cucina e Bottega
95 Via Emmanuele de Benedictis
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Luoghi da Visitare

La cattedrale della Natività di Maria Santissima sorge sulla parte elevata dell'isola di Ortigia, incorporando quello che fu il principale tempio sacro in stile dorico della polis di Syrakousai, dedicato ad Atena (Minerva) e convertito in chiesa con l'avvento del cristianesimo. Considerata la chiesa più importante della città di Siracusa, è entrata a far parte dei beni protetti dall'UNESCO in quanto patrimonio dell'umanità. Il suo stile è all'esterno principalmente barocco e rococò, mentre al suo interno alterna parti risalenti all'epoca siceliota, poiché appartenenti al tempio greco e parti risalenti all'epoca medievale, costruite dai Normanni e così lasciate fino ai giorni attuali. La sua struttura interna è composta in diverse navate e cappelle, le quali hanno uno stile classico e decorato, tipico del barocco anch'esso. Di grande significato religioso, custodisce statue, reliquie e spoglie di santi, martiri e nobili siracusani. I suoi arredi hanno visto il susseguirsi di artisti provenienti da più parti d'Italia e dall'estero. Da sempre simbolo della religiosità siracusana, la cattedrale attraversò le varie fasi storiche e culturali della città.
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Cathedral of Syracuse
5 Piazza Duomo
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La cattedrale della Natività di Maria Santissima sorge sulla parte elevata dell'isola di Ortigia, incorporando quello che fu il principale tempio sacro in stile dorico della polis di Syrakousai, dedicato ad Atena (Minerva) e convertito in chiesa con l'avvento del cristianesimo. Considerata la chiesa più importante della città di Siracusa, è entrata a far parte dei beni protetti dall'UNESCO in quanto patrimonio dell'umanità. Il suo stile è all'esterno principalmente barocco e rococò, mentre al suo interno alterna parti risalenti all'epoca siceliota, poiché appartenenti al tempio greco e parti risalenti all'epoca medievale, costruite dai Normanni e così lasciate fino ai giorni attuali. La sua struttura interna è composta in diverse navate e cappelle, le quali hanno uno stile classico e decorato, tipico del barocco anch'esso. Di grande significato religioso, custodisce statue, reliquie e spoglie di santi, martiri e nobili siracusani. I suoi arredi hanno visto il susseguirsi di artisti provenienti da più parti d'Italia e dall'estero. Da sempre simbolo della religiosità siracusana, la cattedrale attraversò le varie fasi storiche e culturali della città.
Il tempio misura allo stilobate 55,36 x 21.47 metri, con una disposizione di 6 x 17 colonne di proporzione piuttosto tozza. Rappresenta, nell'occidente greco, il momento di passaggio tra il tempio a struttura lignea e quello completamente lapideo, con fronte esastilo ed un colonnato continuo lungo il perimetro che circonda il pronao e la cella divisa in tre navate con due colonnati interni,[1] più snelli, posti a sostegno di una copertura a struttura lignea di difficile ricostruzione. Sul retro della cella si trovava un vano chiuso (adyton) tipico dei templi sicelioti. L'impresa di costruire un edificio con 46 colonne monolitiche, trasportate probabilmente via mare, dovette sembrare eccezionale agli stessi costruttori, vista l'insolita presenza sull'ultimo gradino del lato E (all'opposto di dove il tempio si mostra) di un'iscrizione dedicata ad Apollo in cui il committente (o l'architetto), celebra l'impresa edificatoria, con un'enfasi che tradisce il carattere pionieristico della costruzione.[1][3] L'altra particolarità è che nessun tempio greco riporta firme o dediche, divenendo tale iscrizione un unicum nella sua tipologia: «Kleomede fece per Apollo (il tempio), il figlio di Knidieidas, e alzò i colonnati, opere belle.» ([4]) I resti permettono di ricostruire l'aspetto originario del tempio che appartiene al periodo protodorico e presenta incertezze costruttive e stilistiche come l'eccessiva vicinanza delle colonne poste sui lati, le variazioni dell'intercolumnio, l'indifferenza alla corrispondenza tra triglifi e colonne ed aspetti arcaici come la forma planimetrica molto allungata. L'architrave risulta insolitamente alto, anche se alleggerito posteriormente formando una sezione a L.[1] Non mancano aspetti assolutamente sperimentali come l'importanza dedicata al fronte orientale con doppio colonnato ed intercolumnio centrale più ampio e più in generale la ricerca più di un'enfasi rappresentativa che di un'armonia proporzionale.[3] La pionieristica costruzione fu un modello per l'affermarsi del tempio dorico periptero in Sicilia,[1] rappresentando una sorta di prototipo locale che affiancava aspetti legati a modelli della madrepatria con altri peculiari che si affermeranno solo in Magna Grecia come la presenza dell'adyton, probabile sede dell'immagine sacra e centro compositivo dell'intera costruzione.[3] Terrecotte provenienti da elementi architettonici sono conservate al Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi” di Siracusa, tra cui frammenti del sima, e di acroteri ed alcune tegole di copertura, probabilmente tra le prime prodotte in Sicilia.
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Temple of Apollo
Largo XXV Luglio
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Il tempio misura allo stilobate 55,36 x 21.47 metri, con una disposizione di 6 x 17 colonne di proporzione piuttosto tozza. Rappresenta, nell'occidente greco, il momento di passaggio tra il tempio a struttura lignea e quello completamente lapideo, con fronte esastilo ed un colonnato continuo lungo il perimetro che circonda il pronao e la cella divisa in tre navate con due colonnati interni,[1] più snelli, posti a sostegno di una copertura a struttura lignea di difficile ricostruzione. Sul retro della cella si trovava un vano chiuso (adyton) tipico dei templi sicelioti. L'impresa di costruire un edificio con 46 colonne monolitiche, trasportate probabilmente via mare, dovette sembrare eccezionale agli stessi costruttori, vista l'insolita presenza sull'ultimo gradino del lato E (all'opposto di dove il tempio si mostra) di un'iscrizione dedicata ad Apollo in cui il committente (o l'architetto), celebra l'impresa edificatoria, con un'enfasi che tradisce il carattere pionieristico della costruzione.[1][3] L'altra particolarità è che nessun tempio greco riporta firme o dediche, divenendo tale iscrizione un unicum nella sua tipologia: «Kleomede fece per Apollo (il tempio), il figlio di Knidieidas, e alzò i colonnati, opere belle.» ([4]) I resti permettono di ricostruire l'aspetto originario del tempio che appartiene al periodo protodorico e presenta incertezze costruttive e stilistiche come l'eccessiva vicinanza delle colonne poste sui lati, le variazioni dell'intercolumnio, l'indifferenza alla corrispondenza tra triglifi e colonne ed aspetti arcaici come la forma planimetrica molto allungata. L'architrave risulta insolitamente alto, anche se alleggerito posteriormente formando una sezione a L.[1] Non mancano aspetti assolutamente sperimentali come l'importanza dedicata al fronte orientale con doppio colonnato ed intercolumnio centrale più ampio e più in generale la ricerca più di un'enfasi rappresentativa che di un'armonia proporzionale.[3] La pionieristica costruzione fu un modello per l'affermarsi del tempio dorico periptero in Sicilia,[1] rappresentando una sorta di prototipo locale che affiancava aspetti legati a modelli della madrepatria con altri peculiari che si affermeranno solo in Magna Grecia come la presenza dell'adyton, probabile sede dell'immagine sacra e centro compositivo dell'intera costruzione.[3] Terrecotte provenienti da elementi architettonici sono conservate al Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi” di Siracusa, tra cui frammenti del sima, e di acroteri ed alcune tegole di copertura, probabilmente tra le prime prodotte in Sicilia.
Il castello presenta una poderosa struttura a quadrilatero di 51 metri per lato di circa 12 m di altezza di aspetto severo in virtù del suo scopo difensivo. Ai quattro angoli della costruzione sono quattro torri cilindriche inserite armoniosamente nell'opera muraria. Castel Maniace è accessibile attraverso la porta carraia della ex-caserma Abela sita, a Siracusa, in piazza Federico di Svevia. Attraversando il successivo cortile si trova un ponte in muratura che adduce ad una porta, con colonne laterali, di epoca spagnola (XVI secolo). Tale ponte ha sostituito l'antico ponte levatoio ligneo che scavalcava il fossato che circondava il castello all'epoca della costruzione e lo separava dalla estrema punta meridionale di Ortigia; il largo fossato, colmato nel Cinquecento, metteva in comunicazione il Porto Grande con il mare aperto e a ponte alzato permetteva una migliore difesa del castello in caso di attacco. Scavi effettuati a scopo di saggio hanno indicato che l'altezza originaria delle mura era di circa 18 metri. Lo spessore medio delle mura principali è di circa 3,5 m. La facciata principale è orientata verso Ortigia, i lati a nord-est e a sud-ovest all'epoca della costruzione erano a picco sul mare e così rimasero fino al XVI secolo quando gli spagnoli eressero i due rispettivi contrafforti. Contrasta con l'aspetto generale dell'opera, preminentemente militare, il portale marmoreo decorato, la cui profondità della strombatura fu sfruttata dai costruttori per realizzarvi dei virtuosismi artistici. Pur seriamente erose dal tempo e danneggiate dall'opera degli uomini, tra gli stipiti esterni ed i pilastri interni, una serie di colonnine marmoree con capitelli a foglie uncinate permettono ancora l'individuazione di quattro figure zoomorfe, disposte due per lato, di probabile significato simbolico: sono individuabili due figure di leoni e di un ippogrifo; l'arco inferiore e l'archivolto presentano dei motivi floreali. Uno stemma imperiale del XVII secolo è posto in cima all'ogiva del portale stesso. La sala principale interna è costituita da 24 volte più una che dovrebbero rappresentare i regni di Federico II con al centro quello di Sicilia. In memoria dell'imperatore Federico II, nel giugno 2018 fu eretto una Stauferstele a sinistra dell'ingresso all'edificio quadrato.
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Castello Maniace
51 Via Castello Maniace
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Il castello presenta una poderosa struttura a quadrilatero di 51 metri per lato di circa 12 m di altezza di aspetto severo in virtù del suo scopo difensivo. Ai quattro angoli della costruzione sono quattro torri cilindriche inserite armoniosamente nell'opera muraria. Castel Maniace è accessibile attraverso la porta carraia della ex-caserma Abela sita, a Siracusa, in piazza Federico di Svevia. Attraversando il successivo cortile si trova un ponte in muratura che adduce ad una porta, con colonne laterali, di epoca spagnola (XVI secolo). Tale ponte ha sostituito l'antico ponte levatoio ligneo che scavalcava il fossato che circondava il castello all'epoca della costruzione e lo separava dalla estrema punta meridionale di Ortigia; il largo fossato, colmato nel Cinquecento, metteva in comunicazione il Porto Grande con il mare aperto e a ponte alzato permetteva una migliore difesa del castello in caso di attacco. Scavi effettuati a scopo di saggio hanno indicato che l'altezza originaria delle mura era di circa 18 metri. Lo spessore medio delle mura principali è di circa 3,5 m. La facciata principale è orientata verso Ortigia, i lati a nord-est e a sud-ovest all'epoca della costruzione erano a picco sul mare e così rimasero fino al XVI secolo quando gli spagnoli eressero i due rispettivi contrafforti. Contrasta con l'aspetto generale dell'opera, preminentemente militare, il portale marmoreo decorato, la cui profondità della strombatura fu sfruttata dai costruttori per realizzarvi dei virtuosismi artistici. Pur seriamente erose dal tempo e danneggiate dall'opera degli uomini, tra gli stipiti esterni ed i pilastri interni, una serie di colonnine marmoree con capitelli a foglie uncinate permettono ancora l'individuazione di quattro figure zoomorfe, disposte due per lato, di probabile significato simbolico: sono individuabili due figure di leoni e di un ippogrifo; l'arco inferiore e l'archivolto presentano dei motivi floreali. Uno stemma imperiale del XVII secolo è posto in cima all'ogiva del portale stesso. La sala principale interna è costituita da 24 volte più una che dovrebbero rappresentare i regni di Federico II con al centro quello di Sicilia. In memoria dell'imperatore Federico II, nel giugno 2018 fu eretto una Stauferstele a sinistra dell'ingresso all'edificio quadrato.
Il Parco archeologico della Neapolis è un'area naturale colma di reperti archeologici appartenenti a più epoche della storia siracusana. Per la quantità e la rilevanza dei suoi monumenti è considerata una delle zone archeologiche più importanti della Sicilia, nonché tra le più vaste del Mediterraneo. I monumenti sono elencati seguendo un percorso cronologico: Chiesa San Nicolò ai Cordari Venne costruita in epoca normanna subito dopo il periodo della dominazione araba nella città aretusea. Sotto di essa si trova la cosiddetta Piscina Romana. Nella chiesa di San Nicolò ai Cordari, nel 1093, vennero celebrati i funerali del conte di Siracusa, Giordano d'Altavilla, figlio del gran conte Ruggero I di Sicilia. I normanni la vollero dedicare a san Nicolò di Mira. Nel 1577 la chiesa fu concessa ai cordari (fabbricatori di corde artigianali) che lavoravano le loro corde nelle latomie della Neapolis, poste oltre la chiesa. Ecco perché oggi è detta chiesa San Nicolò ai Cordari o chiesa San Nicolò dei Cordari, poiché venne frequentata dalle famiglie siracusane dei cordari[14]. Con l'istituzione del Parco, nel 1955, divenne la sede dell'ufficio informazioni per i visitatori del vasto parco archeologico. La chiesa ne rappresenta tutt'oggi l'ingresso. La Piscina romana Si tratta di grandi serbatoi d'acqua ricavati tagliando la pietra delle latomie. Queste condotte idriche naturali servivano ai siracusani, ai tempi dell'Antica Roma, per riempire d'acqua l'anfiteatro romano di Siracusa e dare inizio ai giochi nautici e alle lotte acquatiche. Anfiteatro romano di Siracusa L'acquedotto Galermi nei pressi dell'anfiteatro romano Viene considerato come una delle realizzazioni edilizie più rappresentative della prima età imperiale romana. È in gran parte scavato nella roccia e per la costruzione della parte nord orientale si è sfruttato il pendio della balza rocciosa. L'anfiteatro, riportato alla luce nel 1839 dal duca di Serradifalco[15] - ha dimensioni monumentali: sembra si possa valutare lungo m 140 e largo m 119)[16]. Il monumento ha due ingressi ed è servito da un articolato sistema di scale che scendono dalla quota superiore posta all'esterno. L'arena era dotata, al centro, di un ampio vano rettangolare, originariamente coperto, collegato attraverso un passaggio sotterraneo con l'estremità meridionale del monumento, sull'asse del corridoio di ingresso. Intorno all'arena la cavea è distinta da un alto podio, dietro il quale corre un corridoio coperto con varchi per l'accesso all'arena dei gladiatori e delle belve. Arco trionfale di Augusto Nella parte meridionale dell'Anfiteatro romano sorgeva un grande arco architettonico largo 10 metri, profondo 6 metri, alto complessivamente circa 13 metri. Oggi rimangono visibili le fondamenta di questa struttura che doveva essere di notevole impatto visivo e di importante uso logistico poiché fungeva da ingresso posto nell'area monumentale romana di epoca augustea. Sarcofagi di pietra romani e case ellenistiche Si tratta di sarcofagi di epoca romani provenienti da diverse necropoli siracusane e posti nei pressi dell'Anfiteatro. Sempre in quella zona si trovano dei resti architettonici di case dell'epoca ellenistica. Ara di Ierone II Ciò che rimane oggi sono quasi esclusivamente le strutture basamentali, ricavate nella parte bassa del declivo roccioso del Colle Temenite. La struttura superiore infatti, venne asportata quasi completamente nel XVI secolo per essere riutilizzata nella costruzione delle fortificazioni spagnole della città. Fu dedicata a Zeus Eleutherios. Del monumento si conserva l'immenso basamento roccioso lungo circa m 198 m e largo m 22[17], che per circa la sua metà settentrionale insiste su un'enorme cavità sotterranea forse di formazione naturale, usata in passato per l'estrazione della roccia, prima della costruzione dell'ara. Teatro Greco di Siracusa Il Teatro greco di Siracusa è un teatro costruito nella sua prima fase nel V secolo a.C. sulle pendici sud del colle Temenite, rifatto nel III secolo a.C. e ancora ristrutturato in epoca romana. In epoca greca vi vennero rappresentate grandi tragedie e commedie. Eschilo vi presentò per la prima volta I Persiani e le Etnee dedicandole a Gerone I. La cavea aveva un diametro di 138,60 metri, uno dei più grandi del mondo greco, ed era in origine costituita da 67 ordini di gradini, per la maggior parte scavati nella roccia viva e divisi in 9 settori ("cunei") dalle scalinate. Molte delle sue importanti parti architettoniche furono distrutte ed esportate dagli spagnoli nel 1500. Ancor oggi al Teatro greco si rivivono i fasti del passato, portando in scena le tragedie greche nel periodo primavera-estate. Nel 2008 l'area del Teatro, così come altre aree del Parco, sono state munite di un sistema di illuminazione computerizzato per rendere le visite serali ancora più suggestive. Alcuni di questi interventi sono stati realizzati anche grazie ai fondi del Gioco del Lotto, in base a quanto regolato dalla legge 662/96[18]. Sul colle Temenite Grotta del Ninfeo La grotta si trova vicino alla parte più elevata del piccolo rilievo montuoso, su una terrazza rettangolare che costeggia il teatro greco e si apre al centro della parete rocciosa dove un tempo si trovava un porticato chiuso a forma di lettera "L". Al suo ingresso erano poste delle statue dedicate alle Muse. Il Ninfeo siracusano si pensa fosse l'antica sede del Mouseion (il santuario delle muse), sede della Corporazione degli artisti, dove gli attori si riunivano prima di scendere nel teatro. La grotta presenta un soffitto a volta e al suo interno si trova una vasca di forma rettangolare nella quale si raccoglie l'acqua che scorre a cascata da una cavità posta nel fondo della parere rocciosa. Accanto alla parete d'ingresso si notano delle edicole votive che servivano per la pratica del culto degli eroi (Pìnakes)[19]. Via dei Sepolcri È una suggestiva strada lunga 150 metri che conduce alla cima del Colle Temenite. Attraversandola si notano le alte pareti rocciose che la circondano da entrambi i lati e le edicole votive che vi furono scavate lungo tutto il tragitto. Siracusa avendo un'importante tradizione greca conosceva e praticava il culto degli Eroi che erano, in epoca antica, considerati dei "Semidei". Poi, in epoca greca successiva, quando si parlava di "Eroe" si intendeva un "defunto" che si era particolarmente distinto in vita e per questo da morto meritava di essere "eroicizzato", ovvero di essere onorato e venerato come si veneravano gli eroi mortali. La Via è in salita e curva prima verso ovest e poi verso nord. Essa conduce nel punto più alto del Colle siracusano. Salita la Via dei Sepolcri si giunge sulla cima del rilievo montuoso detto Colle Temenite. Qui sono stati individuati i resti del Santuario di Apollo Temenite (termine greco "Temenos" che significa "Recinto sacro") che dà il suo nome all'intero Colle.[6] Mulini di Galerme I Mulini di Galerme furono un complesso di mulini ad acqua posti sopra la cavea del Teatro Greco di Siracusa e risalenti ad epoca tardo-medievale. Prendono il nome dall'acquedotto Galermi. Di questo complesso oggi è rimasta visibile solamente la cosiddetta casetta dei mugnai, una sorta di torre collegata al periodo storico dei Mulini di Galerme i quali vennero edificati al tempo del feudalesimo siciliano intorno alla zona del colle Temenite. Interessante da un punto di vista architettonico doveva essere l'alto Ponte canale dei mulini, anch'esso demolito nel periodo ottocentesco. Sotto l'intatta casetta dei mugnai è stata ritrovata una grotticella funeraria a forno, databile al periodo siculo, ritrovamento importante poiché dà l'ulteriore conferma che il rilievo del Temenite fu frequentato già in epoca pre-greca. Latomie siracusane «Con questo greco nome si appellarono ivi le tagliate di pietra, cioè i luoghi delle sue colline, onde le pietre necessarie alle fabbriche si trassero, e che servirono poi di prigioni. Vasta e magnifica opera (scriveva così Cicerone, dopo d'averle visitate), di più re e tiranni, per meravigliosa altezza, ed a forza d'innumerevoli braccia cavata nel sasso, di cui nulla può farsi né immaginar di più chiuso, di più riposto, di più custodito.» (Alessio Narbone. Istoria della letteratura siciliana, Volume 3, 1854) Latomia del Paradiso Sentiero del parco vicino alla zona delle grandi latomie Il plurisecolare "Ficus delle Pagode"; dai siracusani chiamato "l'Albero Secolare" Il tratto del parco nei pressi della Latomia del Paradiso, vasta area verde del sito, nota per le sue cavità di roccia bianca calcarea «Fra queste latomie è più d'ogni altra considerevole quella che addimandasi del Paradiso, e per la sua ampiezza estraordinaria, e perché va ad essa congiunto il famoso Orecchio di Dionisio. Giace questa latomia poco al di sotto del teatro ed è quasi interamente priva di volta, se non che un vasto pilastro che vi sorge nel mezzo dà a divedere che anch'ella sia stata coperta né vetusti tempi.» (Domenico Lo Faso Pietrasanta, Le antichità della Sicilia esposte ed illustrate... , 1840) (FR) «L'ensemble de cette latomie, dans l'état où elle est, est un lieu sublime et enchanté: mais si on vient à se souvenir des maux affreux qu'ont coûtés ces excavations à ceux qui les ont travaillées, les tourments abominables dont elles ont été l'instrument et auxquels elles ont servi de théâtre, le charme cesse alors...» (IT) «L'insieme di questa Latomia, nello stato in cui è, lo rende un luogo sublime e magico: ma se si tratta di ricordare il dolore terribile che fiancheggia questi scavi a coloro che hanno lavorato, i tormenti abominevoli come strumento usato come teatro, allora l'incantesimo cessa...» (Dominique Vivant Denon Voyage en Sicile (1787)) La latomia del Paradiso è la più grande della Neapolis e quella posta più ad occidente, vicino l'Ara di Ierone II.[20][21] Il suo percorso è solo parzialmente visitabile, poiché alcuni punti sono chiusi e non percorribili. In alcuni suoi tratti raggiunge la considerevole profondità di 45 metri[20]. Da essa si estraevano i blocchi di pietra più grandi[21]. Al suo interno si aprono delle grandi cavità chiamate Orecchio di Dionisio, Grotta dei Cordari e Grotta del Salnitro.[22] Orecchio di Dionisio Questo nome le fu dato dal Caravaggio, poiché quando la vide e conobbe la storia che la legava al tiranno Dionisio I di Siracusa, il quale dall'interno della latomia udiva in segreto ciò che dicevano i suoi prigionieri, pensò che il nome di "Orecchio", data la sua storia e la forma simile ad un immenso padiglione auricolare, fosse davvero appropriato. La sua altezza è di 20 metri presso l'ingresso, all'interno invece aumenta divenendo 35 metri.[23] La sua larghezza va dai 5 agli 11 metri[23] e si estende per una profondità di 65 metri[23]. La Grotta dei Cordari La Grotta dei Cordari è un'altra cavità artificiale. Prende il suo nome dall'attività dei fabbricatori di corde artigianali, all'opera già dall'epoca medievale e fino alla seconda metà del '900. Proprio in questa grotta si narra che venissero rinchiusi i prigionieri del tiranno Dionisio I. Il poeta Filosseno di Citera, che contraddisse il tiranno pungendolo sulla sua scarsa vena poetica, venne rinchiuso diverse volte nella latomia del Paradiso, dove compose la sua più nota opera intitolata Ciclope. Esiste però un dubbio se si trattasse dell'Orecchio di Dionisio o della Grotta dei Cordari, poiché secondo le testimonianze di Claudio Eliano, Filosseno venne rinchiuso «nella grotta più bella delle Latomie»[21] ed entrambe queste grotte, sia per il taglio che per i colori prodotti, sono di notevole bellezza.[24] La Grotta del Salnistro Il suo nome deriva dalle colorazioni delle sue pareti, simile alle sfumature del minerale salnitro. Essa non è artificiale poiché si è formata naturalmente dopo un crollo avvenuto nelle latomie, le cui rocce sono andate a depositarsi dando vita alla sua formazione. Anche le sue pareti servirono per l'estrazione della pietra siracusana con la quale si edificò la polis siceliota. Latomia dell'Intagliatella Questa latomia è collegata a quella del Paradiso tramite una breve galleria. Essa è il frutto di secoli di erosione e acque meteoriche che ne hanno levigato le pareti dandole la forma attuale. Il suo segno più riconoscibile e caratteristico è un'alta e lunga roccia posta all'interno del suo perimetro.[25] Latomia di Santa Venera La latomia di Santa Venera è quella posta più a oriente di tutto il parco. Nota per il suo giardino subtropicale coltivato fin dall'epoca settecentesca; in alcune delle sue pareti sono visibili le edicole votive, a testimonianza che in questa latomia si praticava il culto degli Eroi. Qui vi è l'enorme "Ficus delle Pagode", un esemplare plurisecolare di ficus macrophylla. Viene detto delle Pagode poiché il suo significato è religioso (la pagoda è un edificio religioso orientale); generalmente questi alberi non raggiungono altezze elevate se piantati fuori dalle loro terre d'origine, ma il ficus siracusano fa un'eccezione poiché l'aver raggiunto un'altezza notevole dimostra di avere trovato un clima adatto nelle latomie aretusee. Gli abitanti della città lo conoscono meglio col nome di "Albero secolare", visibile anche dall'esterno del parco.[23] La Necropoli Grotticelle Necropoli Grotticelle e Tomba di Archimede Lasciando la latomia di Santa Venera si giunge alla parte finale del parco che comprende la Necropoli Grotticelle, anch'essa visibile dall'esterno del parco poiché si trova nei pressi di una densa zona urbana. Alcuni scavi effettuati nei pressi di questa necropoli hanno riportato alla luce un tratto di strada e delle strutture murarie d'epoca pre-greca o greca, inoltre sono stati trovati i resti di quello che potrebbe essere stato un edificio sacro edificato su una precedente costruzione di epoca più arcaica. All'interno della necropoli esistono numerose tombe sia d'epoca sicula che greca e romana. Le tombe a fossa del periodo siculo e greco non sono molto visibili mentre spiccano le tombe a camera d'epoca imperiale romana. La presunta Tomba di Archimede Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Presunta tomba di Archimede. Tra queste tombe a camera vi è la presunta "Tomba di Archimede"[26]. Si tratta della più vistosa e presenta in rilievo delle semicolonne doriche e sopra, sempre scolpito sulla roccia, un frontone a timpano. Con il tempo questa tomba è stata appellata come la Tomba di Archimede, dato che l'odierna popolazione siracusana ha ritenuto la tomba più maestosa potesse solo essere quella del più illustre siracusano di tutti i tempi. Ma si sono sbagliati, perché questa tomba è stata datata al periodo romano imperiale, dunque molti secoli dopo il tempo di Archimede, ed inoltre al suo interno sono state rinvenute delle urne cinerarie, ed è risaputo che i sicelioti siracusani non avevano l'usanza delle ceneri ma bensì quella della sepoltura. I romani invece usavano le ceneri e il colombario romano della Neapolis lo dimostra. Data la sua grandezza e la sua posizione, si è pensato che essa fosse dedicata a illustri personalità siracusane-romane di quel periodo. Il luogo dove si trova la vera Tomba di Archimede è tutt'oggi sconosciuto. Le ipotesi variano dalla Via dei Sepolcri, ad Acradina, presso il fiume Ciane, ma quale sia il vero luogo non è stato attualmente scoperto. Cicerone fu l'unico ad avere lasciato testimonianza scritta sul luogo esatto del sepolcro di Archimede, poiché fu egli a ritrovarlo durante la sua permanenza in Sicilia. Trovò la tomba dell'illustre matematico abbandonata e dimenticata dai siracusani che centocinquant'anni dopo l'Assedio romano, che portò all'uccisione di Archimede e alla presa della polis, sembravano aver perso la memoria di ciò che era accaduto nella loro patria e insistevano nel dire a Cicerone che Archimede non poteva trovarsi a Siracusa, altrimenti loro lo avrebbero certamente saputo. Ma Cicerone li smentì cercando con determinazione la tomba di Archimede, fino a quando la trovò. Disse Cicerone: «Una città greca, dic'egli (Cicerone), che era stata la madre delle scienze non avrebbe conosciuto il tesoro che possedeva, se un Arpinate non lo avesse scoperto!» (Della istoria d'Italia antica e moderna..., 1819[27]) «Essendo questore, trovai il suo sepolcro, di cui i Siracusani negavano l'esistenza, tutto circondato e rivestito di rovi e cespugli. Ricordavo di alcuni senari, che si dicevano scritti sulla sua tomba: dicevano che sulla sommità del sepolcro era posta una sfera con un cilindro. Un giorno scrutavo ogni angolo con lo sguardo (fuori della porta sacra a Ciane c'è un gran numero di sepolcri) e scorsi una piccola colonna che non sporgeva molto dai cespugli, su cui vi era l'immagine di una sfera e di un cilindro. Dissi subito ai Siracusani (si trovavano con me i più eminenti) che pensavo si trattasse di ciò che cercavo. Si mandò molta gente con falci e il luogo ripulito e sgombrato. Quando fu liberato l'accesso, ci avvicinammo al lato frontale del piedistallo: si vedeva un epigramma i cui versi erano corrosi verso la parte finale.» (Cicerone, Tusculanae disputationes, V 23, 64-66.[28].) Una sfera ed un cilindro, i simboli posti dal generale romano Marco Claudio Marcello per onorare la tomba del famoso matematico inventore. Cicerone parla del Ciane e di molti sepolcri, dunque il luogo della vera tomba di Archimede sembrerebbe trovarsi o alla Neapolis oppure all'Acradina, entrambe vicine al lato sud delle porte aretusee alle quali fa riferimento l'oratore romano.
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Parco Archeologico della Neapolis
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Il Parco archeologico della Neapolis è un'area naturale colma di reperti archeologici appartenenti a più epoche della storia siracusana. Per la quantità e la rilevanza dei suoi monumenti è considerata una delle zone archeologiche più importanti della Sicilia, nonché tra le più vaste del Mediterraneo. I monumenti sono elencati seguendo un percorso cronologico: Chiesa San Nicolò ai Cordari Venne costruita in epoca normanna subito dopo il periodo della dominazione araba nella città aretusea. Sotto di essa si trova la cosiddetta Piscina Romana. Nella chiesa di San Nicolò ai Cordari, nel 1093, vennero celebrati i funerali del conte di Siracusa, Giordano d'Altavilla, figlio del gran conte Ruggero I di Sicilia. I normanni la vollero dedicare a san Nicolò di Mira. Nel 1577 la chiesa fu concessa ai cordari (fabbricatori di corde artigianali) che lavoravano le loro corde nelle latomie della Neapolis, poste oltre la chiesa. Ecco perché oggi è detta chiesa San Nicolò ai Cordari o chiesa San Nicolò dei Cordari, poiché venne frequentata dalle famiglie siracusane dei cordari[14]. Con l'istituzione del Parco, nel 1955, divenne la sede dell'ufficio informazioni per i visitatori del vasto parco archeologico. La chiesa ne rappresenta tutt'oggi l'ingresso. La Piscina romana Si tratta di grandi serbatoi d'acqua ricavati tagliando la pietra delle latomie. Queste condotte idriche naturali servivano ai siracusani, ai tempi dell'Antica Roma, per riempire d'acqua l'anfiteatro romano di Siracusa e dare inizio ai giochi nautici e alle lotte acquatiche. Anfiteatro romano di Siracusa L'acquedotto Galermi nei pressi dell'anfiteatro romano Viene considerato come una delle realizzazioni edilizie più rappresentative della prima età imperiale romana. È in gran parte scavato nella roccia e per la costruzione della parte nord orientale si è sfruttato il pendio della balza rocciosa. L'anfiteatro, riportato alla luce nel 1839 dal duca di Serradifalco[15] - ha dimensioni monumentali: sembra si possa valutare lungo m 140 e largo m 119)[16]. Il monumento ha due ingressi ed è servito da un articolato sistema di scale che scendono dalla quota superiore posta all'esterno. L'arena era dotata, al centro, di un ampio vano rettangolare, originariamente coperto, collegato attraverso un passaggio sotterraneo con l'estremità meridionale del monumento, sull'asse del corridoio di ingresso. Intorno all'arena la cavea è distinta da un alto podio, dietro il quale corre un corridoio coperto con varchi per l'accesso all'arena dei gladiatori e delle belve. Arco trionfale di Augusto Nella parte meridionale dell'Anfiteatro romano sorgeva un grande arco architettonico largo 10 metri, profondo 6 metri, alto complessivamente circa 13 metri. Oggi rimangono visibili le fondamenta di questa struttura che doveva essere di notevole impatto visivo e di importante uso logistico poiché fungeva da ingresso posto nell'area monumentale romana di epoca augustea. Sarcofagi di pietra romani e case ellenistiche Si tratta di sarcofagi di epoca romani provenienti da diverse necropoli siracusane e posti nei pressi dell'Anfiteatro. Sempre in quella zona si trovano dei resti architettonici di case dell'epoca ellenistica. Ara di Ierone II Ciò che rimane oggi sono quasi esclusivamente le strutture basamentali, ricavate nella parte bassa del declivo roccioso del Colle Temenite. La struttura superiore infatti, venne asportata quasi completamente nel XVI secolo per essere riutilizzata nella costruzione delle fortificazioni spagnole della città. Fu dedicata a Zeus Eleutherios. Del monumento si conserva l'immenso basamento roccioso lungo circa m 198 m e largo m 22[17], che per circa la sua metà settentrionale insiste su un'enorme cavità sotterranea forse di formazione naturale, usata in passato per l'estrazione della roccia, prima della costruzione dell'ara. Teatro Greco di Siracusa Il Teatro greco di Siracusa è un teatro costruito nella sua prima fase nel V secolo a.C. sulle pendici sud del colle Temenite, rifatto nel III secolo a.C. e ancora ristrutturato in epoca romana. In epoca greca vi vennero rappresentate grandi tragedie e commedie. Eschilo vi presentò per la prima volta I Persiani e le Etnee dedicandole a Gerone I. La cavea aveva un diametro di 138,60 metri, uno dei più grandi del mondo greco, ed era in origine costituita da 67 ordini di gradini, per la maggior parte scavati nella roccia viva e divisi in 9 settori ("cunei") dalle scalinate. Molte delle sue importanti parti architettoniche furono distrutte ed esportate dagli spagnoli nel 1500. Ancor oggi al Teatro greco si rivivono i fasti del passato, portando in scena le tragedie greche nel periodo primavera-estate. Nel 2008 l'area del Teatro, così come altre aree del Parco, sono state munite di un sistema di illuminazione computerizzato per rendere le visite serali ancora più suggestive. Alcuni di questi interventi sono stati realizzati anche grazie ai fondi del Gioco del Lotto, in base a quanto regolato dalla legge 662/96[18]. Sul colle Temenite Grotta del Ninfeo La grotta si trova vicino alla parte più elevata del piccolo rilievo montuoso, su una terrazza rettangolare che costeggia il teatro greco e si apre al centro della parete rocciosa dove un tempo si trovava un porticato chiuso a forma di lettera "L". Al suo ingresso erano poste delle statue dedicate alle Muse. Il Ninfeo siracusano si pensa fosse l'antica sede del Mouseion (il santuario delle muse), sede della Corporazione degli artisti, dove gli attori si riunivano prima di scendere nel teatro. La grotta presenta un soffitto a volta e al suo interno si trova una vasca di forma rettangolare nella quale si raccoglie l'acqua che scorre a cascata da una cavità posta nel fondo della parere rocciosa. Accanto alla parete d'ingresso si notano delle edicole votive che servivano per la pratica del culto degli eroi (Pìnakes)[19]. Via dei Sepolcri È una suggestiva strada lunga 150 metri che conduce alla cima del Colle Temenite. Attraversandola si notano le alte pareti rocciose che la circondano da entrambi i lati e le edicole votive che vi furono scavate lungo tutto il tragitto. Siracusa avendo un'importante tradizione greca conosceva e praticava il culto degli Eroi che erano, in epoca antica, considerati dei "Semidei". Poi, in epoca greca successiva, quando si parlava di "Eroe" si intendeva un "defunto" che si era particolarmente distinto in vita e per questo da morto meritava di essere "eroicizzato", ovvero di essere onorato e venerato come si veneravano gli eroi mortali. La Via è in salita e curva prima verso ovest e poi verso nord. Essa conduce nel punto più alto del Colle siracusano. Salita la Via dei Sepolcri si giunge sulla cima del rilievo montuoso detto Colle Temenite. Qui sono stati individuati i resti del Santuario di Apollo Temenite (termine greco "Temenos" che significa "Recinto sacro") che dà il suo nome all'intero Colle.[6] Mulini di Galerme I Mulini di Galerme furono un complesso di mulini ad acqua posti sopra la cavea del Teatro Greco di Siracusa e risalenti ad epoca tardo-medievale. Prendono il nome dall'acquedotto Galermi. Di questo complesso oggi è rimasta visibile solamente la cosiddetta casetta dei mugnai, una sorta di torre collegata al periodo storico dei Mulini di Galerme i quali vennero edificati al tempo del feudalesimo siciliano intorno alla zona del colle Temenite. Interessante da un punto di vista architettonico doveva essere l'alto Ponte canale dei mulini, anch'esso demolito nel periodo ottocentesco. Sotto l'intatta casetta dei mugnai è stata ritrovata una grotticella funeraria a forno, databile al periodo siculo, ritrovamento importante poiché dà l'ulteriore conferma che il rilievo del Temenite fu frequentato già in epoca pre-greca. Latomie siracusane «Con questo greco nome si appellarono ivi le tagliate di pietra, cioè i luoghi delle sue colline, onde le pietre necessarie alle fabbriche si trassero, e che servirono poi di prigioni. Vasta e magnifica opera (scriveva così Cicerone, dopo d'averle visitate), di più re e tiranni, per meravigliosa altezza, ed a forza d'innumerevoli braccia cavata nel sasso, di cui nulla può farsi né immaginar di più chiuso, di più riposto, di più custodito.» (Alessio Narbone. Istoria della letteratura siciliana, Volume 3, 1854) Latomia del Paradiso Sentiero del parco vicino alla zona delle grandi latomie Il plurisecolare "Ficus delle Pagode"; dai siracusani chiamato "l'Albero Secolare" Il tratto del parco nei pressi della Latomia del Paradiso, vasta area verde del sito, nota per le sue cavità di roccia bianca calcarea «Fra queste latomie è più d'ogni altra considerevole quella che addimandasi del Paradiso, e per la sua ampiezza estraordinaria, e perché va ad essa congiunto il famoso Orecchio di Dionisio. Giace questa latomia poco al di sotto del teatro ed è quasi interamente priva di volta, se non che un vasto pilastro che vi sorge nel mezzo dà a divedere che anch'ella sia stata coperta né vetusti tempi.» (Domenico Lo Faso Pietrasanta, Le antichità della Sicilia esposte ed illustrate... , 1840) (FR) «L'ensemble de cette latomie, dans l'état où elle est, est un lieu sublime et enchanté: mais si on vient à se souvenir des maux affreux qu'ont coûtés ces excavations à ceux qui les ont travaillées, les tourments abominables dont elles ont été l'instrument et auxquels elles ont servi de théâtre, le charme cesse alors...» (IT) «L'insieme di questa Latomia, nello stato in cui è, lo rende un luogo sublime e magico: ma se si tratta di ricordare il dolore terribile che fiancheggia questi scavi a coloro che hanno lavorato, i tormenti abominevoli come strumento usato come teatro, allora l'incantesimo cessa...» (Dominique Vivant Denon Voyage en Sicile (1787)) La latomia del Paradiso è la più grande della Neapolis e quella posta più ad occidente, vicino l'Ara di Ierone II.[20][21] Il suo percorso è solo parzialmente visitabile, poiché alcuni punti sono chiusi e non percorribili. In alcuni suoi tratti raggiunge la considerevole profondità di 45 metri[20]. Da essa si estraevano i blocchi di pietra più grandi[21]. Al suo interno si aprono delle grandi cavità chiamate Orecchio di Dionisio, Grotta dei Cordari e Grotta del Salnitro.[22] Orecchio di Dionisio Questo nome le fu dato dal Caravaggio, poiché quando la vide e conobbe la storia che la legava al tiranno Dionisio I di Siracusa, il quale dall'interno della latomia udiva in segreto ciò che dicevano i suoi prigionieri, pensò che il nome di "Orecchio", data la sua storia e la forma simile ad un immenso padiglione auricolare, fosse davvero appropriato. La sua altezza è di 20 metri presso l'ingresso, all'interno invece aumenta divenendo 35 metri.[23] La sua larghezza va dai 5 agli 11 metri[23] e si estende per una profondità di 65 metri[23]. La Grotta dei Cordari La Grotta dei Cordari è un'altra cavità artificiale. Prende il suo nome dall'attività dei fabbricatori di corde artigianali, all'opera già dall'epoca medievale e fino alla seconda metà del '900. Proprio in questa grotta si narra che venissero rinchiusi i prigionieri del tiranno Dionisio I. Il poeta Filosseno di Citera, che contraddisse il tiranno pungendolo sulla sua scarsa vena poetica, venne rinchiuso diverse volte nella latomia del Paradiso, dove compose la sua più nota opera intitolata Ciclope. Esiste però un dubbio se si trattasse dell'Orecchio di Dionisio o della Grotta dei Cordari, poiché secondo le testimonianze di Claudio Eliano, Filosseno venne rinchiuso «nella grotta più bella delle Latomie»[21] ed entrambe queste grotte, sia per il taglio che per i colori prodotti, sono di notevole bellezza.[24] La Grotta del Salnistro Il suo nome deriva dalle colorazioni delle sue pareti, simile alle sfumature del minerale salnitro. Essa non è artificiale poiché si è formata naturalmente dopo un crollo avvenuto nelle latomie, le cui rocce sono andate a depositarsi dando vita alla sua formazione. Anche le sue pareti servirono per l'estrazione della pietra siracusana con la quale si edificò la polis siceliota. Latomia dell'Intagliatella Questa latomia è collegata a quella del Paradiso tramite una breve galleria. Essa è il frutto di secoli di erosione e acque meteoriche che ne hanno levigato le pareti dandole la forma attuale. Il suo segno più riconoscibile e caratteristico è un'alta e lunga roccia posta all'interno del suo perimetro.[25] Latomia di Santa Venera La latomia di Santa Venera è quella posta più a oriente di tutto il parco. Nota per il suo giardino subtropicale coltivato fin dall'epoca settecentesca; in alcune delle sue pareti sono visibili le edicole votive, a testimonianza che in questa latomia si praticava il culto degli Eroi. Qui vi è l'enorme "Ficus delle Pagode", un esemplare plurisecolare di ficus macrophylla. Viene detto delle Pagode poiché il suo significato è religioso (la pagoda è un edificio religioso orientale); generalmente questi alberi non raggiungono altezze elevate se piantati fuori dalle loro terre d'origine, ma il ficus siracusano fa un'eccezione poiché l'aver raggiunto un'altezza notevole dimostra di avere trovato un clima adatto nelle latomie aretusee. Gli abitanti della città lo conoscono meglio col nome di "Albero secolare", visibile anche dall'esterno del parco.[23] La Necropoli Grotticelle Necropoli Grotticelle e Tomba di Archimede Lasciando la latomia di Santa Venera si giunge alla parte finale del parco che comprende la Necropoli Grotticelle, anch'essa visibile dall'esterno del parco poiché si trova nei pressi di una densa zona urbana. Alcuni scavi effettuati nei pressi di questa necropoli hanno riportato alla luce un tratto di strada e delle strutture murarie d'epoca pre-greca o greca, inoltre sono stati trovati i resti di quello che potrebbe essere stato un edificio sacro edificato su una precedente costruzione di epoca più arcaica. All'interno della necropoli esistono numerose tombe sia d'epoca sicula che greca e romana. Le tombe a fossa del periodo siculo e greco non sono molto visibili mentre spiccano le tombe a camera d'epoca imperiale romana. La presunta Tomba di Archimede Magnifying glass icon mgx2.svgLo stesso argomento in dettaglio: Presunta tomba di Archimede. Tra queste tombe a camera vi è la presunta "Tomba di Archimede"[26]. Si tratta della più vistosa e presenta in rilievo delle semicolonne doriche e sopra, sempre scolpito sulla roccia, un frontone a timpano. Con il tempo questa tomba è stata appellata come la Tomba di Archimede, dato che l'odierna popolazione siracusana ha ritenuto la tomba più maestosa potesse solo essere quella del più illustre siracusano di tutti i tempi. Ma si sono sbagliati, perché questa tomba è stata datata al periodo romano imperiale, dunque molti secoli dopo il tempo di Archimede, ed inoltre al suo interno sono state rinvenute delle urne cinerarie, ed è risaputo che i sicelioti siracusani non avevano l'usanza delle ceneri ma bensì quella della sepoltura. I romani invece usavano le ceneri e il colombario romano della Neapolis lo dimostra. Data la sua grandezza e la sua posizione, si è pensato che essa fosse dedicata a illustri personalità siracusane-romane di quel periodo. Il luogo dove si trova la vera Tomba di Archimede è tutt'oggi sconosciuto. Le ipotesi variano dalla Via dei Sepolcri, ad Acradina, presso il fiume Ciane, ma quale sia il vero luogo non è stato attualmente scoperto. Cicerone fu l'unico ad avere lasciato testimonianza scritta sul luogo esatto del sepolcro di Archimede, poiché fu egli a ritrovarlo durante la sua permanenza in Sicilia. Trovò la tomba dell'illustre matematico abbandonata e dimenticata dai siracusani che centocinquant'anni dopo l'Assedio romano, che portò all'uccisione di Archimede e alla presa della polis, sembravano aver perso la memoria di ciò che era accaduto nella loro patria e insistevano nel dire a Cicerone che Archimede non poteva trovarsi a Siracusa, altrimenti loro lo avrebbero certamente saputo. Ma Cicerone li smentì cercando con determinazione la tomba di Archimede, fino a quando la trovò. Disse Cicerone: «Una città greca, dic'egli (Cicerone), che era stata la madre delle scienze non avrebbe conosciuto il tesoro che possedeva, se un Arpinate non lo avesse scoperto!» (Della istoria d'Italia antica e moderna..., 1819[27]) «Essendo questore, trovai il suo sepolcro, di cui i Siracusani negavano l'esistenza, tutto circondato e rivestito di rovi e cespugli. Ricordavo di alcuni senari, che si dicevano scritti sulla sua tomba: dicevano che sulla sommità del sepolcro era posta una sfera con un cilindro. Un giorno scrutavo ogni angolo con lo sguardo (fuori della porta sacra a Ciane c'è un gran numero di sepolcri) e scorsi una piccola colonna che non sporgeva molto dai cespugli, su cui vi era l'immagine di una sfera e di un cilindro. Dissi subito ai Siracusani (si trovavano con me i più eminenti) che pensavo si trattasse di ciò che cercavo. Si mandò molta gente con falci e il luogo ripulito e sgombrato. Quando fu liberato l'accesso, ci avvicinammo al lato frontale del piedistallo: si vedeva un epigramma i cui versi erano corrosi verso la parte finale.» (Cicerone, Tusculanae disputationes, V 23, 64-66.[28].) Una sfera ed un cilindro, i simboli posti dal generale romano Marco Claudio Marcello per onorare la tomba del famoso matematico inventore. Cicerone parla del Ciane e di molti sepolcri, dunque il luogo della vera tomba di Archimede sembrerebbe trovarsi o alla Neapolis oppure all'Acradina, entrambe vicine al lato sud delle porte aretusee alle quali fa riferimento l'oratore romano.
La chiesa di Santa Lucia alla Badia è una chiesa di Siracusa, situata in piazza Duomo e dedicata alla Santa Patrona siracusana. ll'origine sede di un monastero del XV secolo, venne interamente distrutta dal terremoto del 1693, e la ricostruzione è da attribuire alla madre badessa delle suore cistercensi tra il 1695 ed il 1703, l'architetto Luciano Caracciolo ne diresse i lavori e dal quale è sorto anche il progetto. L'interno è a navata unica decorata da quattro altari barocchi del 1705, nella volta si trovano gli affreschi del 1783 che rappresentano il Trionfo di Santa Lucia. Il presbiterio ha la copertura con cupola sulla cima del tempio. Nell'abside, dietro l'altare maggiore, si trova la grande tela del "Seppellimento di S. Lucia" dipinta nel 1608 dal Caravaggio, nel suo soggiorno siracusano; il quadro, originariamente sull'altare della chiesa di Santa Lucia al Sepolcro, dopo una serie di importanti restauri, è stato prima esposto presso la galleria di palazzo Bellomo, per poi essere collocato nella chiesa di Santa Lucia alla Badia.
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Chiesa di Santa Lucia alla Badia
2 Via Santa Lucia alla Badia
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La chiesa di Santa Lucia alla Badia è una chiesa di Siracusa, situata in piazza Duomo e dedicata alla Santa Patrona siracusana. ll'origine sede di un monastero del XV secolo, venne interamente distrutta dal terremoto del 1693, e la ricostruzione è da attribuire alla madre badessa delle suore cistercensi tra il 1695 ed il 1703, l'architetto Luciano Caracciolo ne diresse i lavori e dal quale è sorto anche il progetto. L'interno è a navata unica decorata da quattro altari barocchi del 1705, nella volta si trovano gli affreschi del 1783 che rappresentano il Trionfo di Santa Lucia. Il presbiterio ha la copertura con cupola sulla cima del tempio. Nell'abside, dietro l'altare maggiore, si trova la grande tela del "Seppellimento di S. Lucia" dipinta nel 1608 dal Caravaggio, nel suo soggiorno siracusano; il quadro, originariamente sull'altare della chiesa di Santa Lucia al Sepolcro, dopo una serie di importanti restauri, è stato prima esposto presso la galleria di palazzo Bellomo, per poi essere collocato nella chiesa di Santa Lucia alla Badia.
Il museo archeologico regionale Paolo Orsi di Siracusa è uno dei principali musei archeologici d'Europa. Il museo comprende reperti risalenti dai periodi della preistoria fino a quelli greco e romano provenienti da scavi della città e da altri siti della Sicilia. Il piano terreno è diviso in 4 settori (A-B-C e D), mentre il corpo centrale (Area 1) è dedicato alla storia del Museo e vi sono presentati brevemente i materiali esposti nei singoli settori. Infine è presente un settore numismatico nel seminterrato. Il settore A, è preceduto da una sezione dedicata alla geologia del territorio ibleo e Mediterraneo con un'esposizione di rocce e fossili che testimoniano le varie forme di animali nel Quaternario della Sicilia nonché dei fenomeni di nanismo di cui sono esposti i famosissimi elefanti nani della Grotta Spinagallo a Siracusa. Seguono i manufatti litici dei centri del Paleolitico superiore e del Mesolitico della Sicilia sud-orientale (Fontana Nuova, Canicattini Bagni ecc.). Del Neolitico (IV-III milennio a.C.) sono riportati i reperti (armi di selce o ossidiana) dai villaggi a capanna di Stentinello, Petraro, Paternò, Matrensa, Biancavilla, Palikè, Megara Hyblaea, Gioiosa Marea e Calaforno. Dell'età del Rame (fine III e inizio II millennio a.C.) vi sono i reperti di Piano Notaro, grotta Zubbia, Calaforno, Malpasso, S. Ippolito e altre grotte come Palombara, Conzo e Chiusazza. Della prima età del Bronzo (inizio del II millennio e fine del XV secolo a.C.) vi sono i ritrovamenti di Castelluccio, Palazzolo Acreide, Monte Casale, Monte San Basilio, Monte Tabuto ecc. Sono un esempio le armi in selce, i primi oggetti in metallo, la ceramica bruna su sfondo giallastro o rosso, gli ossi a globuli. Della media età del Bronzo (fine XV-XIII secolo a.C.) vi sono i reperti di Thapsos soprattutto ma anche le necropoli del Plemmirio, Floridia, Matrensa, Molinello di Augusta e Cozzo Pantano. L'importanza di questi reperti risiede nell'evidenza dei rapporti commerciali con Micene, Cipro e Malta, allora dei centri di produzione ceramica. Della parte finale dell'età del bronzo (XIII-IX secolo a.C.) appartengono i reperti di Pantalica, Caltagirone, Desueri, Cassibile e Madonna del Piano. Di questi si evidenzia proprio Pantalica, importante epicentro culturale dell'area. Ma vi sono anche alcuni ritrovamenti del medesimo periodo provenienti da Niscemi, Noto Antica, Monte San Mauro, Tre Canali a Vizzini, San Cataldo, Giarratana e Mendolito. Nel settore B, dedicato alle colonie greche della Sicilia del periodo ionico e dorico, è possibile identificare l'ubicazione delle colonie greche in Sicilia e le rispettive città di provenienza. Sono inoltre esposte: una statua marmorea di Kouros acefala proveniente da Leontinoi (Lentini) datata agli inizi del V secolo a.C. È anche presente la kourotrophos ossia una statua femminile acefala che allatta due gemelli proveniente da Megara Hyblaea[14]. I reperti della colonia dorica di Megara Hyblaea, statuette votive di Demetra e Kore e una Gorgone, una testa di Augusto proveniente da Centuripe. Vi sono inoltre le ricostruzioni dei templi di Athena (attuale duomo di Siracusa) e Olympeion, le grondaie a testa leonina del castello Eurialo. Nel settore C sono esposti reperti delle sub-colonie di Siracusa: Akrai (664 a.C.), Kasmenai (644 a.C.), Camarina (598 a.C.), Eloro. Nonché reperti provenienti da altri centri della Sicilia orientale e da Gela ed Agrigento. Il settore D, posto al primo piano, è stato inaugurato nel 2006 e contiene i reperti di epoca ellenistico-romana. Al suo interno sono contenuti alcuni tra i reperti più celebri del museo: la Venere Landolina, una statua di Eracle in riposo e uno spazio dedicato ai culti di epoca ellenistica a Siracusa. Vi sono inoltre alcuni oggetti d'oreficeria e monete Siracusane. Uno spazio per consentire il contatto con reperti ricostruiti e un plastico con l'ubicazione dei monumenti di Siracusa. Nel 2014 è stata aperta un'apposita sala dedicata al Sarcofago di Adelfia e ai ritrovamenti delle catacombe di Siracusa.[16] Lo stesso settore è stato arricchito di elementi e reperti in esposizione nell'aprile del 2018.[17] Questo settore completa il quadro cronologico della lunga storia della città. Nel piano interrato è presente il medagliere dell'epoca antica aperto nel 2010, con preziosissime monete siracusane, gioielli e altre monete provenienti dalle aree limitrofe. Il medagliere è di assoluto valore vista la fattura e la qualità delle monete siracusane antiche. Tuttavia la collezione non si ferma solo all'epoca greca ma giunge anche all'età moderna.
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Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi
66 Viale Teocrito
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Il museo archeologico regionale Paolo Orsi di Siracusa è uno dei principali musei archeologici d'Europa. Il museo comprende reperti risalenti dai periodi della preistoria fino a quelli greco e romano provenienti da scavi della città e da altri siti della Sicilia. Il piano terreno è diviso in 4 settori (A-B-C e D), mentre il corpo centrale (Area 1) è dedicato alla storia del Museo e vi sono presentati brevemente i materiali esposti nei singoli settori. Infine è presente un settore numismatico nel seminterrato. Il settore A, è preceduto da una sezione dedicata alla geologia del territorio ibleo e Mediterraneo con un'esposizione di rocce e fossili che testimoniano le varie forme di animali nel Quaternario della Sicilia nonché dei fenomeni di nanismo di cui sono esposti i famosissimi elefanti nani della Grotta Spinagallo a Siracusa. Seguono i manufatti litici dei centri del Paleolitico superiore e del Mesolitico della Sicilia sud-orientale (Fontana Nuova, Canicattini Bagni ecc.). Del Neolitico (IV-III milennio a.C.) sono riportati i reperti (armi di selce o ossidiana) dai villaggi a capanna di Stentinello, Petraro, Paternò, Matrensa, Biancavilla, Palikè, Megara Hyblaea, Gioiosa Marea e Calaforno. Dell'età del Rame (fine III e inizio II millennio a.C.) vi sono i reperti di Piano Notaro, grotta Zubbia, Calaforno, Malpasso, S. Ippolito e altre grotte come Palombara, Conzo e Chiusazza. Della prima età del Bronzo (inizio del II millennio e fine del XV secolo a.C.) vi sono i ritrovamenti di Castelluccio, Palazzolo Acreide, Monte Casale, Monte San Basilio, Monte Tabuto ecc. Sono un esempio le armi in selce, i primi oggetti in metallo, la ceramica bruna su sfondo giallastro o rosso, gli ossi a globuli. Della media età del Bronzo (fine XV-XIII secolo a.C.) vi sono i reperti di Thapsos soprattutto ma anche le necropoli del Plemmirio, Floridia, Matrensa, Molinello di Augusta e Cozzo Pantano. L'importanza di questi reperti risiede nell'evidenza dei rapporti commerciali con Micene, Cipro e Malta, allora dei centri di produzione ceramica. Della parte finale dell'età del bronzo (XIII-IX secolo a.C.) appartengono i reperti di Pantalica, Caltagirone, Desueri, Cassibile e Madonna del Piano. Di questi si evidenzia proprio Pantalica, importante epicentro culturale dell'area. Ma vi sono anche alcuni ritrovamenti del medesimo periodo provenienti da Niscemi, Noto Antica, Monte San Mauro, Tre Canali a Vizzini, San Cataldo, Giarratana e Mendolito. Nel settore B, dedicato alle colonie greche della Sicilia del periodo ionico e dorico, è possibile identificare l'ubicazione delle colonie greche in Sicilia e le rispettive città di provenienza. Sono inoltre esposte: una statua marmorea di Kouros acefala proveniente da Leontinoi (Lentini) datata agli inizi del V secolo a.C. È anche presente la kourotrophos ossia una statua femminile acefala che allatta due gemelli proveniente da Megara Hyblaea[14]. I reperti della colonia dorica di Megara Hyblaea, statuette votive di Demetra e Kore e una Gorgone, una testa di Augusto proveniente da Centuripe. Vi sono inoltre le ricostruzioni dei templi di Athena (attuale duomo di Siracusa) e Olympeion, le grondaie a testa leonina del castello Eurialo. Nel settore C sono esposti reperti delle sub-colonie di Siracusa: Akrai (664 a.C.), Kasmenai (644 a.C.), Camarina (598 a.C.), Eloro. Nonché reperti provenienti da altri centri della Sicilia orientale e da Gela ed Agrigento. Il settore D, posto al primo piano, è stato inaugurato nel 2006 e contiene i reperti di epoca ellenistico-romana. Al suo interno sono contenuti alcuni tra i reperti più celebri del museo: la Venere Landolina, una statua di Eracle in riposo e uno spazio dedicato ai culti di epoca ellenistica a Siracusa. Vi sono inoltre alcuni oggetti d'oreficeria e monete Siracusane. Uno spazio per consentire il contatto con reperti ricostruiti e un plastico con l'ubicazione dei monumenti di Siracusa. Nel 2014 è stata aperta un'apposita sala dedicata al Sarcofago di Adelfia e ai ritrovamenti delle catacombe di Siracusa.[16] Lo stesso settore è stato arricchito di elementi e reperti in esposizione nell'aprile del 2018.[17] Questo settore completa il quadro cronologico della lunga storia della città. Nel piano interrato è presente il medagliere dell'epoca antica aperto nel 2010, con preziosissime monete siracusane, gioielli e altre monete provenienti dalle aree limitrofe. Il medagliere è di assoluto valore vista la fattura e la qualità delle monete siracusane antiche. Tuttavia la collezione non si ferma solo all'epoca greca ma giunge anche all'età moderna.
Il Museo di palazzo Bellomo è sito ad Ortigia, centro storico di Siracusa. Esso venne inaugurato nel 1948 con una prima sistemazione museografica, ma solo negli anni settanta si pervenne al completamento dell'attuale allestimento. Oggi espone opere provenienti da Siracusa e provincia. Tra le collezioni custodite nel museo vale la pena ricordare i due sarcofagi dei Governatori della Camera Reginale, Giovanni Çabastida e Giovanni Cardenas. Nella ricca pinacoteca, si conserva l'Annunciazione di Antonello da Messina del 1474 e ottime collezioni di argenti sacri. l palazzo Bellomo è un edificio del XIII-XIV secolo da fondazione catalana. L'edificio presenta due fasi costruttive distinte: quella d'età sveva, identificabile nella struttura bastionata del pianterreno e nel portale gotico, e quella quattrocentesca, individuabile in tutto il piano superiore. La tipologia basica del palazzo è quella tipica del gotico civile catalano, come il Palazzo Abatellis a Palermo o quelli, per esempio, di Barcellona o Perpignano.
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Bellomo Palace Regional Gallery
14 Via Capodieci
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e Catacombe di Siracusa sono aree cimiteriali sotterranee risalenti all'Età antica, sia della prima età imperiale che del successivo tardo impero e considerate seconde per importanza ed estensione solo a quelle di Roma.
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Catacombe di San Giovanni
1 Via S. Giovanni alle Catacombe
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e Catacombe di Siracusa sono aree cimiteriali sotterranee risalenti all'Età antica, sia della prima età imperiale che del successivo tardo impero e considerate seconde per importanza ed estensione solo a quelle di Roma.
Risale al III sec. d.C. Costituita da un cimitero di comunità e da alcuni ipogei di diritto privato, collegati da gallerie. I luoghi di sepoltura furono poi trasformati in aree di culto, fino a essere usati come rifugi antiaerei.
Catacombe di Santa Lucia
26 Piazza Santa Lucia
Risale al III sec. d.C. Costituita da un cimitero di comunità e da alcuni ipogei di diritto privato, collegati da gallerie. I luoghi di sepoltura furono poi trasformati in aree di culto, fino a essere usati come rifugi antiaerei.

Spiagge e solarium

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Spiaggia di Cala Rossa
Lungomare d'Ortigia
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FORTE VIGLIENA
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Plemmirio
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Ognina
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L'isola delle Correnti è una piccola isola tondeggiante della Sicilia, sulla costa ionica, situata nel territorio del comune di Portopalo, estesa per circa 10 000 m² con un'altezza massima di 4 m sul livello del mare. È collegata alla terraferma tramite un braccio artificiale, distrutto varie volte dalle onde del mare. Quando la bassa marea trasforma l'isola in una penisola, essa rappresenta l'estremo meridionale dell'isola siciliana, geograficamente più a sud di Tunisi e più a nord di Hammamet.
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Isola delle Correnti
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L'isola delle Correnti è una piccola isola tondeggiante della Sicilia, sulla costa ionica, situata nel territorio del comune di Portopalo, estesa per circa 10 000 m² con un'altezza massima di 4 m sul livello del mare. È collegata alla terraferma tramite un braccio artificiale, distrutto varie volte dalle onde del mare. Quando la bassa marea trasforma l'isola in una penisola, essa rappresenta l'estremo meridionale dell'isola siciliana, geograficamente più a sud di Tunisi e più a nord di Hammamet.
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Cave of Pillirina
Via Mallia
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Minaret Beach
Traversa Sant'Agostino
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Visite turistiche

Sede episcopale, definita la "capitale del Barocco"[2], nel 2002 il suo centro storico è stato dichiarato Patrimonio dell'Umanità da parte dell'UNESCO, insieme con le altre città tardo barocche del Val di Noto.
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Noto
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Marzamemi è un borgo marinaro, molto caratteristico e pieno di ristoranti e negozi di prodotti tipici del territorio.
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Marzamemi
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È uno dei centri turistici internazionali di maggiore rilievo della regione siciliana, conosciuta per il suo paesaggio naturale, le bellezze marine e i suoi monumenti storici ed è stata un'importante meta del Grand Tour. Taormina è stata una delle principali destinazioni turistiche dal XIX secolo in Europa.
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Taormina Shop
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Ipogeo di Piazza Duomo
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