La guida di Gaetano

Gaetano
La guida di Gaetano

Visite turistiche

Il monastero dei Benedettini di Catania è ad oggi una delle attrazioni turistiche di maggiore rilievo della città etnea. Situato nel centro storico, più precisamente con ingresso in Piazza Dante, è stato dichiarato patrimonio mondiale dell’Unesco ed è uno dei monasteri più grandi d’Europa. Al suo interno chiostri, un giardino pensile, la biblioteca ed una domus romana rendono la visita unica nel suo genere. Il monastero rappresenta il gioiello del tardo barocco siciliano. Durante il percorso potrai osservare le contrapposizioni tra il neoclassicismo dei corpi architettonici relativi al Settecento ed il carnevale del tardo barocco. Il monastero benedettino viene fondato dai monaci nel 1558, tuttavia nel corso dei secoli è stato distrutto da calamità naturali e successivamente ricostruito ed ingrandito. Alla ricostruzione del monastero vi partecipano illustri architetti siciliani tra cui Giovan Battista Vaccarini, Ittar, Palazzotto e Battaglia. Proprio Vaccarini realizzò all’interno del monastero le cucine ed il refettorio grande, mentre l’architetto Battaglia realizzò le imponenti scale situate all’ingresso del monastero. Nel corso dell’ultimo secolo lo Stato italiano ha confiscato il Monastero dei benedettini alla chiesa e lo ha donato al Comune di Catania. Il Comune ha utilizzato il complesso per vari scopi, come scuole, caserme ed ospedali. Solamente negli anni ’70 il Comune ha deciso di donare quel che restava del complesso monumentale benedettino all’Università di Catania. Ad oggi è la sede dell’Università degli studi di Catania ma questo non incide con la visita del monastero anche nelle ore più inconsuete. Le stanze dei monaci vengono utilizzate come uffici personali dei professori e del direttore dell’Università, mentre l’Aula Santo Mazzarino e l’Auditorium vengono utilizzate dagli studenti e professori per conferenze e lezioni. La visita guidata ha una durata di circa 90 minuti ed è consigliabile la prenotazione. Durante la visita potrai immaginare come vivevano i monaci in quell’epoca, camminare tra lunghi corridoi, passeggiare tra giardini e chiostri, scale monumentali, visitare le cucine e la biblioteca. Il costo della visita guidata è di 7,00 euro a persona, tranne per i possessori della Monastero Card e per la prima Domenica del mese che ha un costo di 4,00 euro. Il Monastero di San Nicolò l’Arena è aperto tutti i giorni dal Lunedì alla Domenica dalle ore 9:00 alle ore 17:00. Durante il mese di Agosto è possibile prenotare la tua visita guidata tutti i giorni dalle ore 11:00 alle ore 18:00. Per prenotazioni contattare il numero +39 095710267 o il +39 3349242464.
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Monastero dei Benedettini di San Nicolò l'Arena
32 Piazza Dante Alighieri
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Il monastero dei Benedettini di Catania è ad oggi una delle attrazioni turistiche di maggiore rilievo della città etnea. Situato nel centro storico, più precisamente con ingresso in Piazza Dante, è stato dichiarato patrimonio mondiale dell’Unesco ed è uno dei monasteri più grandi d’Europa. Al suo interno chiostri, un giardino pensile, la biblioteca ed una domus romana rendono la visita unica nel suo genere. Il monastero rappresenta il gioiello del tardo barocco siciliano. Durante il percorso potrai osservare le contrapposizioni tra il neoclassicismo dei corpi architettonici relativi al Settecento ed il carnevale del tardo barocco. Il monastero benedettino viene fondato dai monaci nel 1558, tuttavia nel corso dei secoli è stato distrutto da calamità naturali e successivamente ricostruito ed ingrandito. Alla ricostruzione del monastero vi partecipano illustri architetti siciliani tra cui Giovan Battista Vaccarini, Ittar, Palazzotto e Battaglia. Proprio Vaccarini realizzò all’interno del monastero le cucine ed il refettorio grande, mentre l’architetto Battaglia realizzò le imponenti scale situate all’ingresso del monastero. Nel corso dell’ultimo secolo lo Stato italiano ha confiscato il Monastero dei benedettini alla chiesa e lo ha donato al Comune di Catania. Il Comune ha utilizzato il complesso per vari scopi, come scuole, caserme ed ospedali. Solamente negli anni ’70 il Comune ha deciso di donare quel che restava del complesso monumentale benedettino all’Università di Catania. Ad oggi è la sede dell’Università degli studi di Catania ma questo non incide con la visita del monastero anche nelle ore più inconsuete. Le stanze dei monaci vengono utilizzate come uffici personali dei professori e del direttore dell’Università, mentre l’Aula Santo Mazzarino e l’Auditorium vengono utilizzate dagli studenti e professori per conferenze e lezioni. La visita guidata ha una durata di circa 90 minuti ed è consigliabile la prenotazione. Durante la visita potrai immaginare come vivevano i monaci in quell’epoca, camminare tra lunghi corridoi, passeggiare tra giardini e chiostri, scale monumentali, visitare le cucine e la biblioteca. Il costo della visita guidata è di 7,00 euro a persona, tranne per i possessori della Monastero Card e per la prima Domenica del mese che ha un costo di 4,00 euro. Il Monastero di San Nicolò l’Arena è aperto tutti i giorni dal Lunedì alla Domenica dalle ore 9:00 alle ore 17:00. Durante il mese di Agosto è possibile prenotare la tua visita guidata tutti i giorni dalle ore 11:00 alle ore 18:00. Per prenotazioni contattare il numero +39 095710267 o il +39 3349242464.
Il Castello Ursino di Catania è costituito da un cortile centrale e da 4 lati dove si innalzavano delle maestose torri. Al giorno d’oggi solamente 2 delle torri del progetto iniziale sono rimaste in piedi. Il castello, ai tempi bagnato dal mare, venne costruito per volere del re Federico II di Svevia tra il 1239 e il 1250 per difendere la costa della città. Durante i secoli diventò sede del parlamento siciliano e residenza dei principi Aragonesi. Il castello di Catania situato nel centro storico è uno dei monumenti architettonici più importanti della città, visitato ogni giorno da moltissimi turisti è sede di numerose mostre artistiche e culturali. Dal 1934 alcune delle sale del Castello Ursino divennero la sede del Museo Civico di Catania, il quale ospita al suo interno 8043 reperti tra cui sarcofaghi greco-romani, diverse sculture, tra cui la testa di Efebo del VI secolo a.c., la statua di Ercole del III secolo, ed il monumentale torso dell’imperatore Giulio-Claudio raffigurato come Giove. Nel Museo Civico del Castello Ursino è presente una collezione di crateri greci, tra cui il cratere raffigurante Perseo che decapita la Gorgone, una vasta collezione di monete greche e romane ed armi risalenti a varie epoche storiche. Il museo comprende anche una collezione di dipinti di artisti catanesi tra cui le tele di Giuseppe Sciuti, Giuseppe e Michele Rapisardi e Pasquali Liotta. Durante le visite guidate è possibile visitare il cortile, il piano terra ed alcune sale del primo piano. Orari e giorni d’apertura: Il Castello Ursino è visitabile dal Lunedì alla Domenica dalle ore 9:00 alle ore 19.00 e la durata della visita è di circa 60 minuti. L’ultimo biglietto viene emesso un’ora prima della chiusura. Il costo del biglietto d’ingresso è di 6,00 euro, tuttavia puoi usufruire di alcuni sconti se visiti il museo nella prima Domenica del mese o se hai meno di 18 anni o più di 65 anni, se visiti il castello in gruppi da 15 persone.
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Castello Ursino
21 Piazza Federico di Svevia
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Il Castello Ursino di Catania è costituito da un cortile centrale e da 4 lati dove si innalzavano delle maestose torri. Al giorno d’oggi solamente 2 delle torri del progetto iniziale sono rimaste in piedi. Il castello, ai tempi bagnato dal mare, venne costruito per volere del re Federico II di Svevia tra il 1239 e il 1250 per difendere la costa della città. Durante i secoli diventò sede del parlamento siciliano e residenza dei principi Aragonesi. Il castello di Catania situato nel centro storico è uno dei monumenti architettonici più importanti della città, visitato ogni giorno da moltissimi turisti è sede di numerose mostre artistiche e culturali. Dal 1934 alcune delle sale del Castello Ursino divennero la sede del Museo Civico di Catania, il quale ospita al suo interno 8043 reperti tra cui sarcofaghi greco-romani, diverse sculture, tra cui la testa di Efebo del VI secolo a.c., la statua di Ercole del III secolo, ed il monumentale torso dell’imperatore Giulio-Claudio raffigurato come Giove. Nel Museo Civico del Castello Ursino è presente una collezione di crateri greci, tra cui il cratere raffigurante Perseo che decapita la Gorgone, una vasta collezione di monete greche e romane ed armi risalenti a varie epoche storiche. Il museo comprende anche una collezione di dipinti di artisti catanesi tra cui le tele di Giuseppe Sciuti, Giuseppe e Michele Rapisardi e Pasquali Liotta. Durante le visite guidate è possibile visitare il cortile, il piano terra ed alcune sale del primo piano. Orari e giorni d’apertura: Il Castello Ursino è visitabile dal Lunedì alla Domenica dalle ore 9:00 alle ore 19.00 e la durata della visita è di circa 60 minuti. L’ultimo biglietto viene emesso un’ora prima della chiusura. Il costo del biglietto d’ingresso è di 6,00 euro, tuttavia puoi usufruire di alcuni sconti se visiti il museo nella prima Domenica del mese o se hai meno di 18 anni o più di 65 anni, se visiti il castello in gruppi da 15 persone.
La Cattedrale di Sant’Agata si trova in piazza Duomo di Catania ed è dedicata alla vergine patrona catanese. La Cattedrale venne costruita nel 1074 dai Romani, sulle rovine delle Terme Achilliane su iniziativa del Conte Ruggero. Nel corso degli anni venne ricostruita più volte, a causa dei terremoti e delle colate laviche che negli anni si sono susseguiti. La chiesa è stata realizzata dall’architetto Girolamo Palazzotto. In seguito, nel 1734, Gian Battista Vaccarini riportò alcune modifiche alla facciata. L’attico della chiesa è completamente in marmo, mentre il prospetto è diviso in 3 ordini in stile corinzio. Il primo ordine è formato da sei colonne in granito, provenienti dal Teatro Romano, mentre il secondo ordine è formato anch’esso da sei colonne ma, di dimensioni minori è situate ai lati dell’ampio finestrone. Tutti gli ordini sono adornati con delle statue di marmo che ritraggono la patrona di Catania Sant’Agata. Il portone principale è in legno ed è formato da trentadue formelle scolpite, che illustrano momenti della vita e del martirio della vergine Sant’Agata, oltre a stemmi di diversi papi. Ai lati della colonna centrale sono poste le statue di marmo di San Pietro e di San Paolo. La cupola risalente al 1802 è formata da colonne e da ampi finestroni che illuminano l’interno della chiesa, mentre il campanile, costruito per la prima volta nel 1387, si trova a sinistra del prospetto, ed è alto ben 70 metri. La torre nel corso degli anni ha avuto grandi ridimensionamenti, causa i terremoti. L’ultima ricostruzione del campanile è datata nel 1867 quando ha realizzarla fu l’architetto Carmelo Sciuto Patti. L’interno della Cattedrale di Sant’Agata è distribuita in tre navate. La navata di destra, presenta una nicchia con un battistero protetto da un cancello di ferro e cinque altari: Nel primo altare spadroneggia la tela del Borremans (Santa Febronia). Di fronte all’altare è situata la tomba in marmo bianco e bronzo di Vincenzo Bellini; Nel secondo altare è presente la tela di San Carlo Borromeo; Nel terzo altare la tela raffigurante Sant’Antonio di Padova; Nel quarto altare un quadro di Abbadessa (Una Sacra Famiglia con San Giovanni); Nel quinto altare un’immagine di Santa Rosalia. Di fronte a questo quinto altare, troviamo il monumento funebre del vescovo Catania Orlando, morto nel 1839. Nel lato destro vi è il monumento più importante della chiesa, trattasi della tomba del vescovo Pietro Galletti, costruita in marmo e tutta decorata. In fondo alla navata di destra, protetta da un cancello in ferro battuto, vi è la parte più importante per i catanesi: la Cappella di Sant’Agata. Dalla sua sinistra si accede alla camera sotteranea, (chiamata dai catanesi cammaredda), dove sono custodite il busto e lo scrigno reliquiario della Vergine Sant’Agata. Sull’altare della cappella è situato un bassorilievo che trae la Vergine Sant’Agata incoranata da Dio con San Pietro, San Paolo e gli evangelisti Luca, Giovanni, Matteo e Marco. Nella navata di sinistra troviamo quattro tombe funebri dedicati a vescovi di Catania e sei altari: nel primo altare troviamo un San Pietro che consacra San Berillo di Antonio Subba; nel secondo altare una tela del 1605 raffigurante il martirio di Sant’Agata; nel terzo altare una tela del Borremans raffigurante Sant’Antonio Abate nel deserto; nel quarto altare una tela del Tuccari raffigurante San Filippo Neri; nel quinto altare una tela raffigurante San Francesco di Paola; nel sesto altare un dipinto di San Giorgio che uccide un drago. Alla fine della navata è situata l’opera di Domenico Mazzola “La Cappella S.S. Crocefisso. Dentro la cappella troviamo altre tombe della famiglia aragonese. Nella cappella sono sepolti Federico III di Trinacria, Costanza (moglie di Federico Il Semplice), Giovanni e Ludovico. Nella navata centrale è situato l’altare maggiore, costruito secondo lo stile normanno. L’altare è formato da un coro ligneo a 34 stalli, costruito dallo scultore Scipione Di Guido intorno al XVI secolo. Al centro dell’abside è inserita una finestra monofora, costruita con pietra lavica dell’Etna e risalente alla prima costruzione della chiesa. L’organo fu costruito nel 1877, ma Gianbattista Sangiorgio nel 1926 trasferì la parte lignea sulla parte interna della facciata per volontà del cardinale Francica Nava.
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Cathedral of Saint Agatha
Piazza del Duomo
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La Cattedrale di Sant’Agata si trova in piazza Duomo di Catania ed è dedicata alla vergine patrona catanese. La Cattedrale venne costruita nel 1074 dai Romani, sulle rovine delle Terme Achilliane su iniziativa del Conte Ruggero. Nel corso degli anni venne ricostruita più volte, a causa dei terremoti e delle colate laviche che negli anni si sono susseguiti. La chiesa è stata realizzata dall’architetto Girolamo Palazzotto. In seguito, nel 1734, Gian Battista Vaccarini riportò alcune modifiche alla facciata. L’attico della chiesa è completamente in marmo, mentre il prospetto è diviso in 3 ordini in stile corinzio. Il primo ordine è formato da sei colonne in granito, provenienti dal Teatro Romano, mentre il secondo ordine è formato anch’esso da sei colonne ma, di dimensioni minori è situate ai lati dell’ampio finestrone. Tutti gli ordini sono adornati con delle statue di marmo che ritraggono la patrona di Catania Sant’Agata. Il portone principale è in legno ed è formato da trentadue formelle scolpite, che illustrano momenti della vita e del martirio della vergine Sant’Agata, oltre a stemmi di diversi papi. Ai lati della colonna centrale sono poste le statue di marmo di San Pietro e di San Paolo. La cupola risalente al 1802 è formata da colonne e da ampi finestroni che illuminano l’interno della chiesa, mentre il campanile, costruito per la prima volta nel 1387, si trova a sinistra del prospetto, ed è alto ben 70 metri. La torre nel corso degli anni ha avuto grandi ridimensionamenti, causa i terremoti. L’ultima ricostruzione del campanile è datata nel 1867 quando ha realizzarla fu l’architetto Carmelo Sciuto Patti. L’interno della Cattedrale di Sant’Agata è distribuita in tre navate. La navata di destra, presenta una nicchia con un battistero protetto da un cancello di ferro e cinque altari: Nel primo altare spadroneggia la tela del Borremans (Santa Febronia). Di fronte all’altare è situata la tomba in marmo bianco e bronzo di Vincenzo Bellini; Nel secondo altare è presente la tela di San Carlo Borromeo; Nel terzo altare la tela raffigurante Sant’Antonio di Padova; Nel quarto altare un quadro di Abbadessa (Una Sacra Famiglia con San Giovanni); Nel quinto altare un’immagine di Santa Rosalia. Di fronte a questo quinto altare, troviamo il monumento funebre del vescovo Catania Orlando, morto nel 1839. Nel lato destro vi è il monumento più importante della chiesa, trattasi della tomba del vescovo Pietro Galletti, costruita in marmo e tutta decorata. In fondo alla navata di destra, protetta da un cancello in ferro battuto, vi è la parte più importante per i catanesi: la Cappella di Sant’Agata. Dalla sua sinistra si accede alla camera sotteranea, (chiamata dai catanesi cammaredda), dove sono custodite il busto e lo scrigno reliquiario della Vergine Sant’Agata. Sull’altare della cappella è situato un bassorilievo che trae la Vergine Sant’Agata incoranata da Dio con San Pietro, San Paolo e gli evangelisti Luca, Giovanni, Matteo e Marco. Nella navata di sinistra troviamo quattro tombe funebri dedicati a vescovi di Catania e sei altari: nel primo altare troviamo un San Pietro che consacra San Berillo di Antonio Subba; nel secondo altare una tela del 1605 raffigurante il martirio di Sant’Agata; nel terzo altare una tela del Borremans raffigurante Sant’Antonio Abate nel deserto; nel quarto altare una tela del Tuccari raffigurante San Filippo Neri; nel quinto altare una tela raffigurante San Francesco di Paola; nel sesto altare un dipinto di San Giorgio che uccide un drago. Alla fine della navata è situata l’opera di Domenico Mazzola “La Cappella S.S. Crocefisso. Dentro la cappella troviamo altre tombe della famiglia aragonese. Nella cappella sono sepolti Federico III di Trinacria, Costanza (moglie di Federico Il Semplice), Giovanni e Ludovico. Nella navata centrale è situato l’altare maggiore, costruito secondo lo stile normanno. L’altare è formato da un coro ligneo a 34 stalli, costruito dallo scultore Scipione Di Guido intorno al XVI secolo. Al centro dell’abside è inserita una finestra monofora, costruita con pietra lavica dell’Etna e risalente alla prima costruzione della chiesa. L’organo fu costruito nel 1877, ma Gianbattista Sangiorgio nel 1926 trasferì la parte lignea sulla parte interna della facciata per volontà del cardinale Francica Nava.
La Chiesa San Biagio di Catania venne costruita dopo il terremoto nel 1693 dall’architetto Antonino Battaglia per volere del vescovo Andrea Riggio. La facciata della Chiesa San Biagio presenta uno stile neoclassico, essa è formata da due colonne binate che sostengono un timpano triangolare. La chiesa San Biagio di Catania è formata solo da una navata. Nell’altare maggiore troviamo delle statue di San Giovanni Evangelista e di Santa Maria Maddalena, una tela dell’Addolorata che a volte viene sostituita con una statua della Madonna. Nella parte destra della chiesa è situata una cappella dedicata alla vergine Sant’Agata. Sopra l’altare vengono conservati, protetti da una teca, i resti della fornace dove Sant’Agata subì i martiri. La scena del martirio di Sant’Agata, viene riprodotta nell’affresco di Giuseppe Barone, risalente al 1938.
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Chiesa San Biagio in Sant'Agata alla Fornace
Piazza Stesicoro
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La Chiesa San Biagio di Catania venne costruita dopo il terremoto nel 1693 dall’architetto Antonino Battaglia per volere del vescovo Andrea Riggio. La facciata della Chiesa San Biagio presenta uno stile neoclassico, essa è formata da due colonne binate che sostengono un timpano triangolare. La chiesa San Biagio di Catania è formata solo da una navata. Nell’altare maggiore troviamo delle statue di San Giovanni Evangelista e di Santa Maria Maddalena, una tela dell’Addolorata che a volte viene sostituita con una statua della Madonna. Nella parte destra della chiesa è situata una cappella dedicata alla vergine Sant’Agata. Sopra l’altare vengono conservati, protetti da una teca, i resti della fornace dove Sant’Agata subì i martiri. La scena del martirio di Sant’Agata, viene riprodotta nell’affresco di Giuseppe Barone, risalente al 1938.
Le Terme Achilliane sono delle strutture termali situate sotto piazza Duomo di Catania costruite dai romani tra il IV ed il V secolo. Al giorno d’oggi solo una piccola parte è aperta al pubblico. Tappa fondamentale per chi vuole ammirare Catania sotteranea, si tratta di uno dei tesori risalenti all’antichità. La struttura prende il nome di Terme Achilliane da una iscrizione trovata su una lastra di marmo frantumata in 6 pezzi ed esposta presso il Museo Civico al Castello Ursino. Si accede mediante un passaggio formato tra l’intercapedine della struttura romana e la Duomo di Catania attraverso il Museo Diocesano. Le terme permettono di visitare il sottoterra della città, dove scorre il fiume Amenano, il quale ritorna in superficie attraverso la Fontana Dell’Amenano detta “Acqua ‘o Lenzuolo”. La parte dell’edificio delle strutture termali, visitabile tutt’oggi, è l’imponente sala rettangolare che misura 12 metri per 13, sostenuta da 4 pilastri.
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Terme Achilliane
8 Piazza del Duomo
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Le Terme Achilliane sono delle strutture termali situate sotto piazza Duomo di Catania costruite dai romani tra il IV ed il V secolo. Al giorno d’oggi solo una piccola parte è aperta al pubblico. Tappa fondamentale per chi vuole ammirare Catania sotteranea, si tratta di uno dei tesori risalenti all’antichità. La struttura prende il nome di Terme Achilliane da una iscrizione trovata su una lastra di marmo frantumata in 6 pezzi ed esposta presso il Museo Civico al Castello Ursino. Si accede mediante un passaggio formato tra l’intercapedine della struttura romana e la Duomo di Catania attraverso il Museo Diocesano. Le terme permettono di visitare il sottoterra della città, dove scorre il fiume Amenano, il quale ritorna in superficie attraverso la Fontana Dell’Amenano detta “Acqua ‘o Lenzuolo”. La parte dell’edificio delle strutture termali, visitabile tutt’oggi, è l’imponente sala rettangolare che misura 12 metri per 13, sostenuta da 4 pilastri.
E' una delle piazze più scenografiche del centro storico catanese. Situata poco distante da Piazza Duomo, lungo la via Etnea, piazza Università prende il nome dal palazzo del Siculorum Gymnasium meglio conosciuto come Palazzo Università. La caratteristica di questa piazza sono i quattro lampioni in bronzo ai suoi angoli che raffigurano quattro personaggi delle storie popolari catanesi, in ordine: la giovane Gammazita, il marinaio Cola Pesce dalle doti subacquee, i fratelli Anfinomo e Anapia e il leggendario paladino catanese Uzeta. Piazza Università è teatro della movida catanese, soprattutto nella stagione estiva quando vengono organizzati spettacoli e la piazza si riempie dei tavoli all’aperto dei locali vicini. Il pavimento è interamente lastricato in pietra lavica e al centro è posto in rilievo lo stemma della città.
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Piazza Universita
Via Etnea
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E' una delle piazze più scenografiche del centro storico catanese. Situata poco distante da Piazza Duomo, lungo la via Etnea, piazza Università prende il nome dal palazzo del Siculorum Gymnasium meglio conosciuto come Palazzo Università. La caratteristica di questa piazza sono i quattro lampioni in bronzo ai suoi angoli che raffigurano quattro personaggi delle storie popolari catanesi, in ordine: la giovane Gammazita, il marinaio Cola Pesce dalle doti subacquee, i fratelli Anfinomo e Anapia e il leggendario paladino catanese Uzeta. Piazza Università è teatro della movida catanese, soprattutto nella stagione estiva quando vengono organizzati spettacoli e la piazza si riempie dei tavoli all’aperto dei locali vicini. Il pavimento è interamente lastricato in pietra lavica e al centro è posto in rilievo lo stemma della città.
La Porta, situata in Piazza Duomo, è così intitolata in onore del vicerè Giovanni Francesco Paceco, duca di Uzeda. La Porta Uzeda, in stile barocco, riaperta nel 1696, segna a sud l’inizio della monumentale Via Etnea: la Porta sembra essere incastrata tra il Palazzo dei Chierici ed il seminario. Difatti, il progetto originario altro non era che un cavalcavia realizzato per collegare i due corpi, e il portico, al suo interno, ospita appunto un corridoio. Nella parte più alta del maestoso monumento è situata una nicchia nella quale è rappresentato il busto di Sant’Agata. Alla base della nicchia è invece adagiata una lastra di marmo nella quale sono incise le parole del Vescovo Ventimiglia. Per le decorazioni sono state utilizzate sia pietra lavica sia pietra bianca, decorazione tipica della città, riprendendo lo stile della facciata del Palazzo dei Chierici. La Porta collega Piazza Duomo alla settecentesca via Dusmet, detta anche “via degli Archi della Marina” che la percorrono. Dal cavalcavia che la collega al Museo Diocesano ad est, e al Palazzo dei Chierici ad ovest, è possibile godere di un suggestivo panorama che svela la città barocca e l’Etna, da un lato, e dall’altro gli archi della Marina e il mare.
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Porta Uzeda
Piazza del Duomo
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La Porta, situata in Piazza Duomo, è così intitolata in onore del vicerè Giovanni Francesco Paceco, duca di Uzeda. La Porta Uzeda, in stile barocco, riaperta nel 1696, segna a sud l’inizio della monumentale Via Etnea: la Porta sembra essere incastrata tra il Palazzo dei Chierici ed il seminario. Difatti, il progetto originario altro non era che un cavalcavia realizzato per collegare i due corpi, e il portico, al suo interno, ospita appunto un corridoio. Nella parte più alta del maestoso monumento è situata una nicchia nella quale è rappresentato il busto di Sant’Agata. Alla base della nicchia è invece adagiata una lastra di marmo nella quale sono incise le parole del Vescovo Ventimiglia. Per le decorazioni sono state utilizzate sia pietra lavica sia pietra bianca, decorazione tipica della città, riprendendo lo stile della facciata del Palazzo dei Chierici. La Porta collega Piazza Duomo alla settecentesca via Dusmet, detta anche “via degli Archi della Marina” che la percorrono. Dal cavalcavia che la collega al Museo Diocesano ad est, e al Palazzo dei Chierici ad ovest, è possibile godere di un suggestivo panorama che svela la città barocca e l’Etna, da un lato, e dall’altro gli archi della Marina e il mare.
Il Massimo Vincenzo Bellini è un teatro a Catania, inaugurato nel 1890 e costruito su un progetto di Carlo Sada un’architetto milanese. Questo bellissimo teatro nei suoi cent’anni di esistenza ha visto esibirsi nel suo palcoscenico molti tra i maggiori artiti del Novecento come Luigi Mancinelli, Leopoldo Mugnone, Gino Marinuzzi, Vittorio Gui, Antonio Guarnieri, Gianandrea Gavazzeni, Sergiu Celibidache, Georg Solti, Lorin Maazel, Riccardo Muti, Giuseppe Sinopoli, Alain Lombard, Amelita Galli-Curci, Toti Dal Monte, la Callas, la Tebaldi, la Caballé, la Scotto, la Ricciarelli, la Freni, De Lucia, Pertile, Schipa, Gigli, Corelli, Kraus, Pavarotti, Del Monaco, Di Stefano, Bergonzi, Galeffi, Bechi, Taddei, Cappuccilli, Gobbi, Nucci, Pasero, Ruggero Raimondi ed ha rappresentato i più bei capolavori di Mozart e Berg ma anche molte opere contemporanee. Il Bellini dal punto di vista architettonico segue lo stile neobarocco e gode di un’orchestra composta di 105 elementi e di un coro di 84 elementi. Al suo interno la sala presenta un soffisto affrescato dal pittore Ernesto Bellandi ed è composta da quattro ordini di palchi e un loggione.
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Teatro Massimo Bellini
12 Via Giuseppe Perrotta
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Il Massimo Vincenzo Bellini è un teatro a Catania, inaugurato nel 1890 e costruito su un progetto di Carlo Sada un’architetto milanese. Questo bellissimo teatro nei suoi cent’anni di esistenza ha visto esibirsi nel suo palcoscenico molti tra i maggiori artiti del Novecento come Luigi Mancinelli, Leopoldo Mugnone, Gino Marinuzzi, Vittorio Gui, Antonio Guarnieri, Gianandrea Gavazzeni, Sergiu Celibidache, Georg Solti, Lorin Maazel, Riccardo Muti, Giuseppe Sinopoli, Alain Lombard, Amelita Galli-Curci, Toti Dal Monte, la Callas, la Tebaldi, la Caballé, la Scotto, la Ricciarelli, la Freni, De Lucia, Pertile, Schipa, Gigli, Corelli, Kraus, Pavarotti, Del Monaco, Di Stefano, Bergonzi, Galeffi, Bechi, Taddei, Cappuccilli, Gobbi, Nucci, Pasero, Ruggero Raimondi ed ha rappresentato i più bei capolavori di Mozart e Berg ma anche molte opere contemporanee. Il Bellini dal punto di vista architettonico segue lo stile neobarocco e gode di un’orchestra composta di 105 elementi e di un coro di 84 elementi. Al suo interno la sala presenta un soffisto affrescato dal pittore Ernesto Bellandi ed è composta da quattro ordini di palchi e un loggione.
Incastonati tra via Teatro Greco e via Vittorio Emanuele sorgono il Teatro Romano e l’Odeon. Si presume che la costruzione del Teatro Romano, che riusciva ad ospitare circa 7000 spettatori, risalga al II sec. d.C., e che esso sia stato realizzato su una struttura preesistente di età greca costruita nell’antica acropoli di Catania. In un diametro di circa 80 metri, sono ancora visibili l’orchestra, la cavea (che poggia su alti corridoi coperti a volta) e alcune parti della scena. Il teatro fu spogliato dei marmi e delle pietre che lo componevano nel 1098, per volere del Conte Ruggero, al fine di velocizzare la costruzione della Cattedrale di Sant’Agata. I reperti recuperati durante gli scavi del XVII secolo sono custoditi nel Museo Comunale. A causa delle diverse eruzioni laviche e dei terremoti, nel tempo il livello del terreno è sceso e oggi la parte bassa della costruzione, soprattutto la zona dell’orchestra, è bagnata dalle acque dell’Amenano, il fiume che scorre sotterraneo alla città, che impedisce l’uso del teatro per le rappresentazioni contemporanee. L’Odeon, situato a pochi passi dal Teatro, sempre del II secolo d.C., in epoca romana aveva presumibilmente la funzione di ospitare concerti e spettacoli danzanti. La sua forma è semicircolare ed è posto più in alto rispetto al teatro. Con una capienza notevolmente inferiore di spettatori è caratterizzato da diciotto muri che si allargano fino a formare cunei stretti e lunghi all’interno dei quali sono stati ricavati diciassette, ma ne restano sedici, vani ricoperti a volta, l’orchestra è pavimentata in marmo. Ancora oggi la struttura è utilizzata per le rappresentazioni di spettacoli estivi.
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Roman Theatre of Catania
266 Via Vittorio Emanuele II
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Incastonati tra via Teatro Greco e via Vittorio Emanuele sorgono il Teatro Romano e l’Odeon. Si presume che la costruzione del Teatro Romano, che riusciva ad ospitare circa 7000 spettatori, risalga al II sec. d.C., e che esso sia stato realizzato su una struttura preesistente di età greca costruita nell’antica acropoli di Catania. In un diametro di circa 80 metri, sono ancora visibili l’orchestra, la cavea (che poggia su alti corridoi coperti a volta) e alcune parti della scena. Il teatro fu spogliato dei marmi e delle pietre che lo componevano nel 1098, per volere del Conte Ruggero, al fine di velocizzare la costruzione della Cattedrale di Sant’Agata. I reperti recuperati durante gli scavi del XVII secolo sono custoditi nel Museo Comunale. A causa delle diverse eruzioni laviche e dei terremoti, nel tempo il livello del terreno è sceso e oggi la parte bassa della costruzione, soprattutto la zona dell’orchestra, è bagnata dalle acque dell’Amenano, il fiume che scorre sotterraneo alla città, che impedisce l’uso del teatro per le rappresentazioni contemporanee. L’Odeon, situato a pochi passi dal Teatro, sempre del II secolo d.C., in epoca romana aveva presumibilmente la funzione di ospitare concerti e spettacoli danzanti. La sua forma è semicircolare ed è posto più in alto rispetto al teatro. Con una capienza notevolmente inferiore di spettatori è caratterizzato da diciotto muri che si allargano fino a formare cunei stretti e lunghi all’interno dei quali sono stati ricavati diciassette, ma ne restano sedici, vani ricoperti a volta, l’orchestra è pavimentata in marmo. Ancora oggi la struttura è utilizzata per le rappresentazioni di spettacoli estivi.
Il Parco dell’Etna si estende per 59.000 ettari in un’ambiente naturale unico: lo straordinario paesaggio che circonda il vulcano attivo più alto d’Europa, è diventato, da giugno 2013, Patrimonio Mondiale dell’Umanità. La vicinanza con la città di Catania e con l’autostrada A18 Messina-Catania consente facili collegamenti al Parco. I centri abitati che gli fanno da corona (Adrano, Belpasso, Biancavilla, Bronte, Castiglione di Sicilia, Giarre, Linguaglossa, Maletto, Mascali, Milo, Nicolosi, Pedara, Piedimonte Etneo, Ragalna, Randazzo, Sant’Alfio, Santa Maria di Licodia, Trecastagni, Viagrande, Zafferana Etnea) sono collegati con Catania e fra di loro. Ad affascinare i visitatori sono l’attività vulcanica, l’enogastronomia, i numerosi percorsi naturalistici, boschi straordinari dove poter avvistare numerose specie di uccelli. Nell’area sommitale, a 3.340 m s.l.m, si trovano i quattro crateri principali raggiungibili in due modi: recarsi presso il luogo di raduno, la “baita delle guide”, a 1.900 m s.l.m. a Nicolosi nord (Etna Sud) da dove si sarà accompagnati da guide autorizzate; salire con i mezzi della funivia sino ai 2.900 m s.l.m. (Torre del Filosofo). Nel periodo invernale, il vulcano regala la possibilità di muoversi in un contesto quasi “alpino”, pur continuando a vedere il mare. Da qui nasce la necessità di utilizzare durante le escursioni, le ciaspole o gli sci da fondo, gli sci d’alpinismo, i ramponi e la piccozza. Oltre a quelli di Nicolosi Nord anche gli impianti di Linguaglossa (Etna Nord) sono di nuovo in buona parte funzionanti dopo l’eruzione del 2002. Dopo simili passeggiate, vale la pena di assaggiare i prodotti tipici: i funghi, il miele, le salsicce, il pistacchio e il vino, olio e fragole. E magari comprare per ricordo un oggettino ottenuto dalla ceramizzazione della pietra lavica.
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Parco dell'Etna
Via del Convento
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Il Parco dell’Etna si estende per 59.000 ettari in un’ambiente naturale unico: lo straordinario paesaggio che circonda il vulcano attivo più alto d’Europa, è diventato, da giugno 2013, Patrimonio Mondiale dell’Umanità. La vicinanza con la città di Catania e con l’autostrada A18 Messina-Catania consente facili collegamenti al Parco. I centri abitati che gli fanno da corona (Adrano, Belpasso, Biancavilla, Bronte, Castiglione di Sicilia, Giarre, Linguaglossa, Maletto, Mascali, Milo, Nicolosi, Pedara, Piedimonte Etneo, Ragalna, Randazzo, Sant’Alfio, Santa Maria di Licodia, Trecastagni, Viagrande, Zafferana Etnea) sono collegati con Catania e fra di loro. Ad affascinare i visitatori sono l’attività vulcanica, l’enogastronomia, i numerosi percorsi naturalistici, boschi straordinari dove poter avvistare numerose specie di uccelli. Nell’area sommitale, a 3.340 m s.l.m, si trovano i quattro crateri principali raggiungibili in due modi: recarsi presso il luogo di raduno, la “baita delle guide”, a 1.900 m s.l.m. a Nicolosi nord (Etna Sud) da dove si sarà accompagnati da guide autorizzate; salire con i mezzi della funivia sino ai 2.900 m s.l.m. (Torre del Filosofo). Nel periodo invernale, il vulcano regala la possibilità di muoversi in un contesto quasi “alpino”, pur continuando a vedere il mare. Da qui nasce la necessità di utilizzare durante le escursioni, le ciaspole o gli sci da fondo, gli sci d’alpinismo, i ramponi e la piccozza. Oltre a quelli di Nicolosi Nord anche gli impianti di Linguaglossa (Etna Nord) sono di nuovo in buona parte funzionanti dopo l’eruzione del 2002. Dopo simili passeggiate, vale la pena di assaggiare i prodotti tipici: i funghi, il miele, le salsicce, il pistacchio e il vino, olio e fragole. E magari comprare per ricordo un oggettino ottenuto dalla ceramizzazione della pietra lavica.
Chi sceglie Catania, oltre le bellezze del Barocco al centro storico, la golosità del cibo locale, può scegliere anche di trascorrere una giornata al mare nella bella spiaggia dorata con vista Etna a pochi passi dal centro storico e dall’aeroporto. Proprio per la sua posizione strategica, la Playa di Catania è sempre stata meta delle vacanze dei catanesi. La presenza di numerosi stabilimenti balneari super attrezzati (per darvi un’idea si passa dai tornei di tamburelli al surf, beach volley, per finire alle partitone di Carioca con signore super agguerrite) e di alcune spiagge libere ne ha fatto il luogo ideale per giornate comode, spensierate e a due passi dalla città. È anche possibile percorrere il litorale con la bici, grazie alla presenza della pista ciclabile. Nel corso degli anni sono sorte numerose discoteche, si passa dal ballo caraibico alla musica elettronica, all’aperitivo al tramonto sulla spiaggia stile Ibiza. Ogni anno per la festa del 1º maggio la playa catanese vede lo svolgersi di big events musicali, in particolare il One Day Music e il Revolution Day, che contano migliaia di partecipanti provenienti dal sud d’Italia (il primo nell’edizione 2015 ha raggiunto un flusso di 20.000 partecipanti). Sono numerosi i concerti che vi si svolgono dove si esibiscono band famose ed emergenti e dj di fama internazionale. Ma passiamo ai numeri. La Playa è il litorale costiero sabbioso che si estende per 18 km, nell’area compresa tra il porto di Catania e la località Agnone Bagni (frazione di Augusta, in provincia di Siracusa), con una profondità dell’area sabbiosa che varia tra alcune centinaia di metri e qualche km. Su un’area di circa 280 km² posta a nord-est delle spiagge, è presente il Boschetto della Playa, una macchia verde, frutto di un rimboschimento del periodo fascista, costituita in gran parte da esemplari di Pino marittimo (Pinus pinaster) e parzialmente trasformata in area attrezzata, che spesso ospita manifestazioni sportive agonistiche ed amatoriali. Lungo la costa sabbiosa, si trova la Riserva naturale Oasi del Simeto, istituita nel 1984, che è possibile percorrere e visitare. La costiera è frequentata dalla Tartaruga marina comune (Caretta caretta), dopo un lungo periodo di assenza, solo intorno agli anni 2010 e dopo 35 anni si è registrato un ritorno di nidificazione, evidentemente dovuto al ritorno di esemplari nati qui prima della creazione degli stabilimenti balneari e delle attività costiere (difatti i cuccioli di Caretta caretta conservano un ricordo delle coordinate geomagnetiche della zona di nascita, come dimostrato da taluni studi): l’ultima nidificazione è stata segnalata infatti alla fine di luglio 2015 presso il Lido Jolly.
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Playa di Catania
Viale Presidente Kennedy
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Chi sceglie Catania, oltre le bellezze del Barocco al centro storico, la golosità del cibo locale, può scegliere anche di trascorrere una giornata al mare nella bella spiaggia dorata con vista Etna a pochi passi dal centro storico e dall’aeroporto. Proprio per la sua posizione strategica, la Playa di Catania è sempre stata meta delle vacanze dei catanesi. La presenza di numerosi stabilimenti balneari super attrezzati (per darvi un’idea si passa dai tornei di tamburelli al surf, beach volley, per finire alle partitone di Carioca con signore super agguerrite) e di alcune spiagge libere ne ha fatto il luogo ideale per giornate comode, spensierate e a due passi dalla città. È anche possibile percorrere il litorale con la bici, grazie alla presenza della pista ciclabile. Nel corso degli anni sono sorte numerose discoteche, si passa dal ballo caraibico alla musica elettronica, all’aperitivo al tramonto sulla spiaggia stile Ibiza. Ogni anno per la festa del 1º maggio la playa catanese vede lo svolgersi di big events musicali, in particolare il One Day Music e il Revolution Day, che contano migliaia di partecipanti provenienti dal sud d’Italia (il primo nell’edizione 2015 ha raggiunto un flusso di 20.000 partecipanti). Sono numerosi i concerti che vi si svolgono dove si esibiscono band famose ed emergenti e dj di fama internazionale. Ma passiamo ai numeri. La Playa è il litorale costiero sabbioso che si estende per 18 km, nell’area compresa tra il porto di Catania e la località Agnone Bagni (frazione di Augusta, in provincia di Siracusa), con una profondità dell’area sabbiosa che varia tra alcune centinaia di metri e qualche km. Su un’area di circa 280 km² posta a nord-est delle spiagge, è presente il Boschetto della Playa, una macchia verde, frutto di un rimboschimento del periodo fascista, costituita in gran parte da esemplari di Pino marittimo (Pinus pinaster) e parzialmente trasformata in area attrezzata, che spesso ospita manifestazioni sportive agonistiche ed amatoriali. Lungo la costa sabbiosa, si trova la Riserva naturale Oasi del Simeto, istituita nel 1984, che è possibile percorrere e visitare. La costiera è frequentata dalla Tartaruga marina comune (Caretta caretta), dopo un lungo periodo di assenza, solo intorno agli anni 2010 e dopo 35 anni si è registrato un ritorno di nidificazione, evidentemente dovuto al ritorno di esemplari nati qui prima della creazione degli stabilimenti balneari e delle attività costiere (difatti i cuccioli di Caretta caretta conservano un ricordo delle coordinate geomagnetiche della zona di nascita, come dimostrato da taluni studi): l’ultima nidificazione è stata segnalata infatti alla fine di luglio 2015 presso il Lido Jolly.
Di fronte il Palazzo degli Elefanti, sede del Municipio, sul lato meridionale di piazza Duomo, è possibile vedere la Fontana dell’Amenano, che prende il nome dal fiume Amenano che scorre sotterraneo. Costruita nel 1837 in marmo di Carrara da Tito Angelini, la fontana rappresenta figurativamente il fiume come un giovane che, da una cornucopia, versa l’acqua in una vasca a calice baccellato, alla base della quale due tritoni riversano a loro volta l’acqua nel canale percorso dal fiume Amenano in questo tratto visibile. I catanesi chiamano questa fontana “acqua a linzolu” perché l’acqua della fontana versandosi come una piccola cascata nel fiume produce un suggestivo e caratteristico effetto “lenzuolo” e anche perché in passato da questo canale le popolane lavavano la loro biancheria nel fiume.
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Fontana dell'Amenano
Piazza del Duomo
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Di fronte il Palazzo degli Elefanti, sede del Municipio, sul lato meridionale di piazza Duomo, è possibile vedere la Fontana dell’Amenano, che prende il nome dal fiume Amenano che scorre sotterraneo. Costruita nel 1837 in marmo di Carrara da Tito Angelini, la fontana rappresenta figurativamente il fiume come un giovane che, da una cornucopia, versa l’acqua in una vasca a calice baccellato, alla base della quale due tritoni riversano a loro volta l’acqua nel canale percorso dal fiume Amenano in questo tratto visibile. I catanesi chiamano questa fontana “acqua a linzolu” perché l’acqua della fontana versandosi come una piccola cascata nel fiume produce un suggestivo e caratteristico effetto “lenzuolo” e anche perché in passato da questo canale le popolane lavavano la loro biancheria nel fiume.
La data di costruzione è incerta: si presuppone che sia stato completato durante il II secolo d. C. È certo, invece, come attestano gli storici, che già al tempo di Teodorico (494 – 526 d.C.) l’anfiteatro era in stato d’abbandono, e che i catanesi chiesero all’imperatore il permesso di utilizzarne le pietre come materiale di costruzione. Il grandioso monumento romano, secondo per grandezza solo al Colosseo, dovrebbe avere una circonferenza esterna di circa 300 metri, ed è quasi totalmente coperto dalle moderne costruzioni. La grandiosità del monumento è percepibile dai resti delle mura visibili in due traverse della via Manzoni, infatti, le fondamenta si sviluppano fino alla via Penninello. I lavori per riportarne alla luce i resti, visibili da Piazza Stesicoro, furono iniziati solo nel 1903 per volere del sindaco Giuseppe De Felice. Il monumento “sotterraneo” è ben conservato e visibile, affacciandosi da Piazza Stesicoro, sotto il manto stradale. Fonte di materiale edilizio anche per il re Ruggero, nel 1091, la pietra lavica dell’anfiteatro fu usata per la costruzione della Cattedrale di Sant’Agata e la realizzazione dell’antica cinta muraria.
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Roman Amphitheater of Catania
Piazza Stesicoro
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La data di costruzione è incerta: si presuppone che sia stato completato durante il II secolo d. C. È certo, invece, come attestano gli storici, che già al tempo di Teodorico (494 – 526 d.C.) l’anfiteatro era in stato d’abbandono, e che i catanesi chiesero all’imperatore il permesso di utilizzarne le pietre come materiale di costruzione. Il grandioso monumento romano, secondo per grandezza solo al Colosseo, dovrebbe avere una circonferenza esterna di circa 300 metri, ed è quasi totalmente coperto dalle moderne costruzioni. La grandiosità del monumento è percepibile dai resti delle mura visibili in due traverse della via Manzoni, infatti, le fondamenta si sviluppano fino alla via Penninello. I lavori per riportarne alla luce i resti, visibili da Piazza Stesicoro, furono iniziati solo nel 1903 per volere del sindaco Giuseppe De Felice. Il monumento “sotterraneo” è ben conservato e visibile, affacciandosi da Piazza Stesicoro, sotto il manto stradale. Fonte di materiale edilizio anche per il re Ruggero, nel 1091, la pietra lavica dell’anfiteatro fu usata per la costruzione della Cattedrale di Sant’Agata e la realizzazione dell’antica cinta muraria.
Il Giardino Bellini, meglio noto come Villa Bellini, nel Settecento apparteneva all’importante famiglia dei principi di Biscari, che lo donarono alla cittadinanza nel 1854. Nel cuore di Catania vi si accede da più lati, ma l’ingresso principale è posto lungo la via Etnea. Soprannominato “labirinto” per i lunghi viali che s’intrecciano, il Giardino Bellini è una risorsa botanica per la città, al suo interno sono conservate moltissime tipologie di piante di cui molte secolari o esotiche. Da percorrere il celebre viale degli uomini illustri, per godere del panorama dell’Etna dalla sommità più alta del Giardino. Negli anni Sessanta al suo interno fu realizzato un piccolo Zoo all’interno del quale oltre cigni, scimmie, rettili, serpenti si poteva fare visita al piccolo elefante indiano donato alla città dal Circo Orfei. In seguito, per questioni economiche, il Comune decise di eliminare la parte zoologica e mantenere soltanto il parco botanico.
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Giardino Bellini
292 Via Etnea
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Il Giardino Bellini, meglio noto come Villa Bellini, nel Settecento apparteneva all’importante famiglia dei principi di Biscari, che lo donarono alla cittadinanza nel 1854. Nel cuore di Catania vi si accede da più lati, ma l’ingresso principale è posto lungo la via Etnea. Soprannominato “labirinto” per i lunghi viali che s’intrecciano, il Giardino Bellini è una risorsa botanica per la città, al suo interno sono conservate moltissime tipologie di piante di cui molte secolari o esotiche. Da percorrere il celebre viale degli uomini illustri, per godere del panorama dell’Etna dalla sommità più alta del Giardino. Negli anni Sessanta al suo interno fu realizzato un piccolo Zoo all’interno del quale oltre cigni, scimmie, rettili, serpenti si poteva fare visita al piccolo elefante indiano donato alla città dal Circo Orfei. In seguito, per questioni economiche, il Comune decise di eliminare la parte zoologica e mantenere soltanto il parco botanico.
Monumento nazionale dal 1940, Casa Verga è oggi museo regionale. Superato il portone d'ingresso, una scala di marmo conduce all'appartamento dello scrittore, sito al secondo piano dell'edificio di via Sant'Anna ( il primo piano è occupato dai 4000 volumi della biblioteca di Federico De Roberto). Quattro bacheche espongono riproduzioni dei manoscritti verghiani ( gli originali sono custoditi presso la Biblioteca Universitaria Regionale di Catania). Su una parete è esposta una pergamena decorata da Alessandro Abate, regalata a Verga dai soci dell'Unione in occasione del suo ottantesimo compleanno. In un angolo si trova il busto di Verga, opera dello scultore Bruno. Nella biblioteca sei librerie custodiscono i 2500 volumi che erano di proprietà dello scrittore. Sulle pareti della camera da letto si trovano due ritratti ad opera di Michele Grita. Via Snt'Anna, 8 - Catania Orario di apertura: dal lunedì al sabato 09,00-13,00 - 14,30-18,00 Biglietto intero Euro 4,00 Biglietto ridotto Euro 2,00
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Casa Museo Giovanni Verga
8 Via Sant'Anna
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Monumento nazionale dal 1940, Casa Verga è oggi museo regionale. Superato il portone d'ingresso, una scala di marmo conduce all'appartamento dello scrittore, sito al secondo piano dell'edificio di via Sant'Anna ( il primo piano è occupato dai 4000 volumi della biblioteca di Federico De Roberto). Quattro bacheche espongono riproduzioni dei manoscritti verghiani ( gli originali sono custoditi presso la Biblioteca Universitaria Regionale di Catania). Su una parete è esposta una pergamena decorata da Alessandro Abate, regalata a Verga dai soci dell'Unione in occasione del suo ottantesimo compleanno. In un angolo si trova il busto di Verga, opera dello scultore Bruno. Nella biblioteca sei librerie custodiscono i 2500 volumi che erano di proprietà dello scrittore. Sulle pareti della camera da letto si trovano due ritratti ad opera di Michele Grita. Via Snt'Anna, 8 - Catania Orario di apertura: dal lunedì al sabato 09,00-13,00 - 14,30-18,00 Biglietto intero Euro 4,00 Biglietto ridotto Euro 2,00
La Basilica della Collegiata è una delle chiese più antiche di Catania risalente al tardo barocco, situata a pochi passi da Piazza dell’Università, salendo per via Etnea. Prima dell’attuale edificio sorgeva in questa zona un capitello votivo risalente ai primi secoli del cristianesimo e che prese il nome dalla sacra icona di Maria Santissima dell’Elemosina. Il tempio assunse un’importanza sempre maggiore. Nel tempo fu frequentato dalla famiglia reale degli Aragonesi e per questo nel 1396 ebbe il titolo di “Regia Cappella”. Successivamente, nel 1446, Papa Eugenio IV vi istituì un Collegio dei Canonici, da cui deriva il nome attuale di “Collegiata”. Dopo il disastroso terremoto del 1693, la Basilica della Collegiata venne ricostruita dall’architetto Antonio Amato, su disegno di Angelo Amato, che ne stravolse la struttura dislocando l’ingresso principale sul lato opposto a quello originario, rivolto direttamente sulla via Etnea. La particolarità della facciata settecentesca ad opera del genio creativo di Stefano Ittar è racchiusa nelle sue strutture morbide. Un alternarsi di elementi concavi e convessi che richiamano la forma di un organo e danno alla Chiesa una magnifica armonia. L’interno della Basilica della Collegiata a croce latina è a pianta basilicale, con otto pilastri che dividono la chiesa in tre navate. Molto interessanti le opere che adornano i tre altari minori. Di notevole rilievo i due affreschi del pittore Giuseppe Schiuti che raffigurano: uno l’antica edicola della Madonna e l’altro rievoca la consegna della bolla da parte del Papa Eugenio IV. Dietro l’altare maggiore è posto un organo ligneo dorato con intagli del XVIII secolo. Numerose le tombe di nobili e benefattori riccamente decorate. Info utili Dove Via Etnea, 23 – 95124 Catania Orari di apertura Lunedi chiuso Martedi 09:00 - 12:00 17:00 - 19:00 Mercoledi 09:00 - 12:00 17:00 - 19:00 Giovedi 09:00 - 12:00 17:00 - 19:00 Venerdi 09:00 - 12:00 17:00 - 19:00 Sabato 09:00 - 12:00 17:00 - 19:00 Domenica 09:00 - 12:00 17:00 - 19:00
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Basilica Collegiata
23 Via Etnea
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La Basilica della Collegiata è una delle chiese più antiche di Catania risalente al tardo barocco, situata a pochi passi da Piazza dell’Università, salendo per via Etnea. Prima dell’attuale edificio sorgeva in questa zona un capitello votivo risalente ai primi secoli del cristianesimo e che prese il nome dalla sacra icona di Maria Santissima dell’Elemosina. Il tempio assunse un’importanza sempre maggiore. Nel tempo fu frequentato dalla famiglia reale degli Aragonesi e per questo nel 1396 ebbe il titolo di “Regia Cappella”. Successivamente, nel 1446, Papa Eugenio IV vi istituì un Collegio dei Canonici, da cui deriva il nome attuale di “Collegiata”. Dopo il disastroso terremoto del 1693, la Basilica della Collegiata venne ricostruita dall’architetto Antonio Amato, su disegno di Angelo Amato, che ne stravolse la struttura dislocando l’ingresso principale sul lato opposto a quello originario, rivolto direttamente sulla via Etnea. La particolarità della facciata settecentesca ad opera del genio creativo di Stefano Ittar è racchiusa nelle sue strutture morbide. Un alternarsi di elementi concavi e convessi che richiamano la forma di un organo e danno alla Chiesa una magnifica armonia. L’interno della Basilica della Collegiata a croce latina è a pianta basilicale, con otto pilastri che dividono la chiesa in tre navate. Molto interessanti le opere che adornano i tre altari minori. Di notevole rilievo i due affreschi del pittore Giuseppe Schiuti che raffigurano: uno l’antica edicola della Madonna e l’altro rievoca la consegna della bolla da parte del Papa Eugenio IV. Dietro l’altare maggiore è posto un organo ligneo dorato con intagli del XVIII secolo. Numerose le tombe di nobili e benefattori riccamente decorate. Info utili Dove Via Etnea, 23 – 95124 Catania Orari di apertura Lunedi chiuso Martedi 09:00 - 12:00 17:00 - 19:00 Mercoledi 09:00 - 12:00 17:00 - 19:00 Giovedi 09:00 - 12:00 17:00 - 19:00 Venerdi 09:00 - 12:00 17:00 - 19:00 Sabato 09:00 - 12:00 17:00 - 19:00 Domenica 09:00 - 12:00 17:00 - 19:00
Via Crociferi è una delle strade più antiche di Catania, nel cuore del centro storico ha inizio in Piazza San Francesco D’Assisi (che incrocia la via Vittorio Emanuele II) attraversando il famoso Arco trionfale di San Benedetto. La sua bellezza è tale da essere un perfetto set cinematografico a cielo aperto. Non ci si stupisce sapendo che in tempi recenti la via sia stata scelta come location de “Il bell’Antonio” di Bolognini, “Storia di una capinera” di Zeffirelli, de “I Vicerè” di Faenza e molti altri. Questa via è considerata l’emblema del barocco catanese, dato che custodisce alcune tra le più belle chiese settecentesche della città. La prima chiesa che s’incontra è la Chiesa di San Benedetto collegata all’omonimo convento. Si racconta che dalle balconate del convento, nascoste dalle grate, le suore e le aristocratiche catanesi guardassero la processione durante la festa di Sant’Agata. Proseguendo lungo la via Crociferi a pochi metri s’incontra la Chiesa di San Francesco Borgia con due ampi scaloni in pietra. Poco lontano si trova il Collegio dei Gesuiti, per anni sede dell’Istituto d’Arte di Catania, con il chiostro, i portici e le colonne in pietra lavica. Purtroppo temporaneamente chiuso al pubblico. Proprio di fronte il Collegio dei Gesuiti si trova la Chiesa di San Giuliano attribuita all’opera dell’architetto Vaccarini. Dopo aver attraversato la salita di Sangiuliano che la via Crociferi taglia, si trova il Convento dei Crociferi con annessa la Chiesa di San Camillo, celebre per la Madonna con Bambino su tavola, custodita al suo interno, forse di epoca bizantina. In fondo alla via si trova Villa Cerami, uno dei palazzi più prestigiosi della Catania Settecentesca, ora sede della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Catania.
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Via Crociferi
Via Crociferi
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Via Crociferi è una delle strade più antiche di Catania, nel cuore del centro storico ha inizio in Piazza San Francesco D’Assisi (che incrocia la via Vittorio Emanuele II) attraversando il famoso Arco trionfale di San Benedetto. La sua bellezza è tale da essere un perfetto set cinematografico a cielo aperto. Non ci si stupisce sapendo che in tempi recenti la via sia stata scelta come location de “Il bell’Antonio” di Bolognini, “Storia di una capinera” di Zeffirelli, de “I Vicerè” di Faenza e molti altri. Questa via è considerata l’emblema del barocco catanese, dato che custodisce alcune tra le più belle chiese settecentesche della città. La prima chiesa che s’incontra è la Chiesa di San Benedetto collegata all’omonimo convento. Si racconta che dalle balconate del convento, nascoste dalle grate, le suore e le aristocratiche catanesi guardassero la processione durante la festa di Sant’Agata. Proseguendo lungo la via Crociferi a pochi metri s’incontra la Chiesa di San Francesco Borgia con due ampi scaloni in pietra. Poco lontano si trova il Collegio dei Gesuiti, per anni sede dell’Istituto d’Arte di Catania, con il chiostro, i portici e le colonne in pietra lavica. Purtroppo temporaneamente chiuso al pubblico. Proprio di fronte il Collegio dei Gesuiti si trova la Chiesa di San Giuliano attribuita all’opera dell’architetto Vaccarini. Dopo aver attraversato la salita di Sangiuliano che la via Crociferi taglia, si trova il Convento dei Crociferi con annessa la Chiesa di San Camillo, celebre per la Madonna con Bambino su tavola, custodita al suo interno, forse di epoca bizantina. In fondo alla via si trova Villa Cerami, uno dei palazzi più prestigiosi della Catania Settecentesca, ora sede della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Catania.
Talmente caratteristica da ispirare le odi di Omero per la sua Odissea, Acitrezza è frazione di Acicastello e piccolo borgo peschereccio assai ammaliante. Il panorama è dominato dagli 8 faraglioni, i costoni lavici formatesi prima dell’Etna. Secondo il mito dell’Odissea raccontato da Omero fu il ciclope Polifemo a scagliare contro le imbarcazioni di Ulisse i grandi massi. Acitrezza ospitò anche l’ambientazione del romanzo dei Malavoglia di Giovanni Verga, principale esponente del Verismo italiano. Oggi è ancora presente la Casa del Nespolo, dimora in cui l’umile famiglia di pescatori alloggiava.
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Aci Trezza
6 Via Provinciale
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Talmente caratteristica da ispirare le odi di Omero per la sua Odissea, Acitrezza è frazione di Acicastello e piccolo borgo peschereccio assai ammaliante. Il panorama è dominato dagli 8 faraglioni, i costoni lavici formatesi prima dell’Etna. Secondo il mito dell’Odissea raccontato da Omero fu il ciclope Polifemo a scagliare contro le imbarcazioni di Ulisse i grandi massi. Acitrezza ospitò anche l’ambientazione del romanzo dei Malavoglia di Giovanni Verga, principale esponente del Verismo italiano. Oggi è ancora presente la Casa del Nespolo, dimora in cui l’umile famiglia di pescatori alloggiava.
Acicastello mantiene un fascino unico, con le acque cristalline del suo mare che si scagliano nei costoni di pietra lavica, all’ombra del Castello normanno da cui la città prende il nome. In estate si popola di turisti e da numerosissime persone che dalla vicina Catania vi si recano in villeggiatura. Le serate sono sempre vive e movimentate, grazie ai numerosi ristoranti e locali, specializzati nel preparare prelibati piatti a base di pesce. Il Castello è situato sopra un costone lavico, a dominare sulla piazza circostante. Originariamente venne costruito ad opera dei Normanni su di un promontorio lavico interamente circondato dal mare, nel 1076: fu la colata lavica del 1169 a collegarlo con la terraferma. Divenne dimora di importanti signori del passato e adibito a carceri militari. Oggi è sede del Museo Civico, diviso in tre sezioni diverse: la sezione Paleontologica, la sezione mineralogica e la sezione archeologica. Di particolare importanza, alcuni esempi di lava marina, i pillows , massi basaltici sferici che presentano fratture radiali derivanti dal contatto del magma con le acque marine. Infine, è possibile visitare anche l’orto botanico, all’interno del quale sono raccolti una notevole quantità di piante grasse.
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Aci Castello
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Acicastello mantiene un fascino unico, con le acque cristalline del suo mare che si scagliano nei costoni di pietra lavica, all’ombra del Castello normanno da cui la città prende il nome. In estate si popola di turisti e da numerosissime persone che dalla vicina Catania vi si recano in villeggiatura. Le serate sono sempre vive e movimentate, grazie ai numerosi ristoranti e locali, specializzati nel preparare prelibati piatti a base di pesce. Il Castello è situato sopra un costone lavico, a dominare sulla piazza circostante. Originariamente venne costruito ad opera dei Normanni su di un promontorio lavico interamente circondato dal mare, nel 1076: fu la colata lavica del 1169 a collegarlo con la terraferma. Divenne dimora di importanti signori del passato e adibito a carceri militari. Oggi è sede del Museo Civico, diviso in tre sezioni diverse: la sezione Paleontologica, la sezione mineralogica e la sezione archeologica. Di particolare importanza, alcuni esempi di lava marina, i pillows , massi basaltici sferici che presentano fratture radiali derivanti dal contatto del magma con le acque marine. Infine, è possibile visitare anche l’orto botanico, all’interno del quale sono raccolti una notevole quantità di piante grasse.
Palazzo Biscari, il più sontuoso edificio privato di Catania, rappresenta un caso unico, per la struttura, la pianta e le decorazioni. Dopo il terremoto che nel 1693 distrusse quasi interamente la città, Ignazio Paternò Castello III Principe di Biscari ottenne dal Luogotenente Generale Giuseppe Lanza, Duca di Camastra, artefice della ricostruzione catanese, il permesso di edificare il nuovo palazzo sul terrapieno delle mura cinquecentesche di Carlo V. Ignazio muore nel 1700, il figlio Vincenzo, IV principe di Biscari, inizia lavori organici e continuativi che dureranno più di un secolo e a cui parteciperanno i più grandi architetti catanesi dell'epoca: Alonzo di Benedetto, Girolamo Palazzotto, Francesco Battaglia e suo figlio Antonino. All'inizio del Settecento l'edificio si presentava come un vasto trapezio, accentrato sul grande cortile a cui si aveva accesso attraverso un portale riccamente ornato e sormontato dallo stemma con i quattro quarti di nobiltà. Nei primi decenni del secolo Antonino Amato completò la decorazione della facciata alla marina. Per chi allora arrivava dal mare, l'incontro con il palazzo offriva, grazie al totale dispiegarsi del paramento decorativo, la snella visione dei balconi e delle lesene con decorazioni a fiori, putti e telamoni che emergevano dal fondo nero della base lavica. E' il trionfo non solamente di un gusto e di uno stile, ma anche delle capacità tecniche degli intagliatori e dei decoratori che si erano formati nel grande cantiere della Catania del XVIII sec. La terrazza si prolunga in una linea ideale, la stessa che collega l'ultima parte del Palazzo Episcopale e che doveva far parte di quel "Teatro alla Marina" a cui pensavano i nobili e il senato catanese alla fine del dodicesimo secolo. Guardando il palazzo dal mare si distingue la parte verso est, più austera e maestosa, realizzata dopo il 1750, caratterizzata dal gioco di colonne e dai profondi balconi. Qui Battaglia discosta senza boria la sua opera dalla decorazione degli Amato, accanto ai quali aveva svolto la sua attività giovanile. L'ariosa galleria, pacatamente ripartita tra larghi binati di semicolonne, s'imposta sul cordone delle mura, distendendo piane superfici e fusti levigati: strutture limpide, articolate in funzione del ritmo e del paesaggio. Senza forzare verso una fredda compostezza formale, Francesco Battaglia mostra la genuinità, se non il vigore, delle sue inclinazioni classicistiche. Il palazzo raggiunse il massimo splendore con l'intervento di Ignazio V Principe di Biscari, uomo eclettico, appassionato d'arte, di letteratura e di archeologia una delle figure delle più significative nella vita culturale di Catania nella metà del Settecento. Committente non comune, il principe non si limita a manifestare all'architetto le proprie esigenze, ma suggerisce e propone modelli e soluzioni che gli vengono ispirate da tutto ciò che vede durante i suoi numerosi viaggi. Interessato al progresso culturale della sua città fece edificare un teatro privato con due ordini di palchi e con un accesso esterno per il pubblico che concede per l'Opera in attesa che quello cittadino sia completato e in cui paga i palchi che si è riservato. Ma forse è come archeologo che è il benemerito di Catania. Riedesel e Brydone hanno assistito di persona ai lavori che, sotto la sua direzione, hanno portato alla luce l'anfiteatro antico. Incaricato della intendenza per gli scavi archeologici nella Val Demone e Val di Noto (l'attuale Sicilia Orientale), dedicò un particolare impegno alla costruzione e alla sistemazione di un museo che volle come degna cornice per le sue raccolte archeologiche provenienti dagli scavi che lui stesso dirigeva (1746). Le ampie sale ornate di colonne, disposte intorno a due cortili racchiudevano una collezione scelta con competenza, lodata ed elogiata nei diari dei numerosi eruditi di tutta Europa che nel Settecento vennero a visitarlo. La raccolta non comprende soltanto oggetti antichi (medaglie, vasi, cammei, statue) ma anche un museo storico siciliano (armi, abiti, giocattoli) e un gabinetto di fisica e storia naturale (strumenti e minerali). Vi si trovano in particolare, sotto la denominazione di "frutti dell'Etna" dei campioni di lava, di zolfo ecc. Oggi il cortile centrale del palazzo si presenta attorniato da costruzioni di epoche diverse e dominato dalla scalinata centrale a tenaglia che introduce nella parte più preziosa dell'edificio. La visita dell'interno si rivela di non comune interesse. Legata alla personalità di Ignazio, si sviluppa una coerente distribuzione degli spazi, specchio di una misura di vita, che si deve svolgere in una casa confortevole per lo spirito e per il corpo, nell'ordine e in armonia con ideali che non restano limitati nella contemplazione del passato. Dopo la sala d'ingresso che contiene grandi tele raffiguranti le piante dei possedimenti dei Biscari, superate le successive stanze, si entra nel grande salone, che riunisce molti artifici dello stile rococò. Tutto è luce: le specchiere, le bianche porte e il rilucente pavimento di mattonelle ceramicate napoletane. Posti sopra i camini,inseriti in eleganti nicchie, gli specchi con la loro luce riflessa, nel mondo allusivo del rococò, evocano simbolicamente il fuoco. Il cui dio, Vulcano, ritroviamo nel "Consiglio degli Dei" riuniti a celebrare il trionfo del casato dei Paternò Castello nell'affresco del soffitto di Sebastiano lo Monaco. Qui si trova una realizzazione quasi unica: il cupolino si apre in un ballatoio su cui si disponevano tutt'intorno i musicisti. La grande cupola è decorata con otto ovali con figure allegoriche contrapposte: Purezza e Vanità, Forza e Giustizia, Giorno e Notte, Amore e Morte. Le porte sono sormontate da sette grandi tele che mostrano vedute di Napoli, di ottima fattura e piene di particolari della vita di ogni giorno e di riferimenti topografici ed architettonici. Sono opere di Eustachio Pesci (1771) autore anche delle vedute presenti nel Palazzo Reale di Portici. Nell'ingresso dell'alcova di fondo le colonne vengono capovolte, quasi con finalità anticostruttive per scioglierle da ogni rapporto con i canoni architettonici e per inserirle nella predominante ricerca dell'asimmetria. Ma è nella galleria che si coglie il frutto più sorprendente del "nuovo stile" introdotto nell'Isola. La scala riceve con esatta tangenza la luce che entra dalle larghe vetrate, gli stucchi accompagnano il dispiegarsi del ritmo, quasi la descrizione nello spazio di una vaporosa piroetta. Opera che supera i risultati dell'attività degli artigiani locali, e che potrebbe essere nata dalla collaborazione dell'esperienza tecnica di Francesco Battaglia con i decoratori (pensiamo ad Antonio Pepe), stimolati dai disegni che il principe Ignazio raccoglieva per la casa e per la biblioteca. Sulla porta della galleria gli affreschi aggiungono un elemento ricorrente della decorazione rococò: scene galanti alla Watteau sulle quali scorciano prosperosi putti, gemelli di quelli che nel soffitto del salone allargano la corona di fiori e frutta. Boiseries, intarsi, specchi, affreschi, porcellane, cineserie si ritrovano nelle stanze dell'appartamento del primo piano, una suite di tre piccole camere, l'ultima delle quali è di grande interesse. In essa il pavimento a commesso di marmi antichi, è simile a quello della stanza di Leda a Palazzo Rondinini a Roma ( 1760). Il gusto dei marmi antichi, sia come collezione che per reimpiego, conobbe grande favore nella seconda metà del '700 in seguito agli scavi di Ercolano. Trovare questo in Sicilia è di indubbio interesse poiché, mentre nella Città Eterna l'abbondanza di marmi antichi permetteva questi disegni con grandi lastre, ciò era molto più raro nelle città "periferiche". Le pareti sono rivestite da una boiserie in legno di rosa con intarsi che creano motivi "à berceau" con intrecci di rami e pagode "en chinoiserie" eseguiti con notevole maestria. Nella stanza si apre una piccola alcova affrescata con motivi "rocailles", su un lato della quale è posta una grande e profonda vasca di marmo dalle alte pareti, che non parrebbe destinata per le semplici abluzioni. Fungeva forse da fontana interna, creando, insieme alla boiserie, una sorta di fresco angolo di Arcadia, consacrato a guisa dei luoghi ombrosi di un giardino, a conversazioni di cui possiamo ancora percepire l'eco. In queste stanze eleganti vetrine mostravano porcellane e preziosi oggetti. “Fummo introdotti dal Principe il quale ci fece vedere la sua collezione di monete per un atto di deferenza speciale... Dopo aver dedicato a quest'esame un certo tempo, sempre troppo poco tuttavia, stavamo per congedarci, quando egli volle presentarci alla madre, nel cui appartamento erano esposti altri oggetti d'arte di più piccola dimensione...Ci aprì ella stessa la vetrina, in cui erano custoditi gli oggetti d'ambra lavorata... Questi oggetti come pure le conchiglie incise, che vengono lavorate a Trapani e infine alcuni squisiti lavori in avorio formavano la compiacenza particolare della gentildonna, che trovava il modo di raccontare in proposito più di una piacevole storiella. Il principe dal canto suo ci intrattenne intorno a cose più serie e così trascorsero alcune ore dilettevoli ed istruttive. Nel frattempo, la principessa aveva appreso che eravamo tedeschi, per cui ci domandò notizie dei signori von Riedesel, Bartels, Munter, tutti da lei conosciuti e dei quali aveva anche saputo discernere ed apprezzare egregiamente il carattere e il costume. Ci siamo congedati a malincuore da lei, ed ella stessa parve ci lasciasse andar via di malincuore.” J. W. Goethe - Viaggio in Italia Il palazzo è ancora oggi in gran parte abitato dai discendenti della famiglia e i suoi saloni principali sono spesso usati per manifestazioni di prestigio di carattere mondano e culturale. Gran parte delle collezioni raccolte nel museo del principe di Biscari sono state donate al comune e trasferite al Museo Civico di Castello Ursino.
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Palazzo Biscari
10 Via Museo Biscari
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Palazzo Biscari, il più sontuoso edificio privato di Catania, rappresenta un caso unico, per la struttura, la pianta e le decorazioni. Dopo il terremoto che nel 1693 distrusse quasi interamente la città, Ignazio Paternò Castello III Principe di Biscari ottenne dal Luogotenente Generale Giuseppe Lanza, Duca di Camastra, artefice della ricostruzione catanese, il permesso di edificare il nuovo palazzo sul terrapieno delle mura cinquecentesche di Carlo V. Ignazio muore nel 1700, il figlio Vincenzo, IV principe di Biscari, inizia lavori organici e continuativi che dureranno più di un secolo e a cui parteciperanno i più grandi architetti catanesi dell'epoca: Alonzo di Benedetto, Girolamo Palazzotto, Francesco Battaglia e suo figlio Antonino. All'inizio del Settecento l'edificio si presentava come un vasto trapezio, accentrato sul grande cortile a cui si aveva accesso attraverso un portale riccamente ornato e sormontato dallo stemma con i quattro quarti di nobiltà. Nei primi decenni del secolo Antonino Amato completò la decorazione della facciata alla marina. Per chi allora arrivava dal mare, l'incontro con il palazzo offriva, grazie al totale dispiegarsi del paramento decorativo, la snella visione dei balconi e delle lesene con decorazioni a fiori, putti e telamoni che emergevano dal fondo nero della base lavica. E' il trionfo non solamente di un gusto e di uno stile, ma anche delle capacità tecniche degli intagliatori e dei decoratori che si erano formati nel grande cantiere della Catania del XVIII sec. La terrazza si prolunga in una linea ideale, la stessa che collega l'ultima parte del Palazzo Episcopale e che doveva far parte di quel "Teatro alla Marina" a cui pensavano i nobili e il senato catanese alla fine del dodicesimo secolo. Guardando il palazzo dal mare si distingue la parte verso est, più austera e maestosa, realizzata dopo il 1750, caratterizzata dal gioco di colonne e dai profondi balconi. Qui Battaglia discosta senza boria la sua opera dalla decorazione degli Amato, accanto ai quali aveva svolto la sua attività giovanile. L'ariosa galleria, pacatamente ripartita tra larghi binati di semicolonne, s'imposta sul cordone delle mura, distendendo piane superfici e fusti levigati: strutture limpide, articolate in funzione del ritmo e del paesaggio. Senza forzare verso una fredda compostezza formale, Francesco Battaglia mostra la genuinità, se non il vigore, delle sue inclinazioni classicistiche. Il palazzo raggiunse il massimo splendore con l'intervento di Ignazio V Principe di Biscari, uomo eclettico, appassionato d'arte, di letteratura e di archeologia una delle figure delle più significative nella vita culturale di Catania nella metà del Settecento. Committente non comune, il principe non si limita a manifestare all'architetto le proprie esigenze, ma suggerisce e propone modelli e soluzioni che gli vengono ispirate da tutto ciò che vede durante i suoi numerosi viaggi. Interessato al progresso culturale della sua città fece edificare un teatro privato con due ordini di palchi e con un accesso esterno per il pubblico che concede per l'Opera in attesa che quello cittadino sia completato e in cui paga i palchi che si è riservato. Ma forse è come archeologo che è il benemerito di Catania. Riedesel e Brydone hanno assistito di persona ai lavori che, sotto la sua direzione, hanno portato alla luce l'anfiteatro antico. Incaricato della intendenza per gli scavi archeologici nella Val Demone e Val di Noto (l'attuale Sicilia Orientale), dedicò un particolare impegno alla costruzione e alla sistemazione di un museo che volle come degna cornice per le sue raccolte archeologiche provenienti dagli scavi che lui stesso dirigeva (1746). Le ampie sale ornate di colonne, disposte intorno a due cortili racchiudevano una collezione scelta con competenza, lodata ed elogiata nei diari dei numerosi eruditi di tutta Europa che nel Settecento vennero a visitarlo. La raccolta non comprende soltanto oggetti antichi (medaglie, vasi, cammei, statue) ma anche un museo storico siciliano (armi, abiti, giocattoli) e un gabinetto di fisica e storia naturale (strumenti e minerali). Vi si trovano in particolare, sotto la denominazione di "frutti dell'Etna" dei campioni di lava, di zolfo ecc. Oggi il cortile centrale del palazzo si presenta attorniato da costruzioni di epoche diverse e dominato dalla scalinata centrale a tenaglia che introduce nella parte più preziosa dell'edificio. La visita dell'interno si rivela di non comune interesse. Legata alla personalità di Ignazio, si sviluppa una coerente distribuzione degli spazi, specchio di una misura di vita, che si deve svolgere in una casa confortevole per lo spirito e per il corpo, nell'ordine e in armonia con ideali che non restano limitati nella contemplazione del passato. Dopo la sala d'ingresso che contiene grandi tele raffiguranti le piante dei possedimenti dei Biscari, superate le successive stanze, si entra nel grande salone, che riunisce molti artifici dello stile rococò. Tutto è luce: le specchiere, le bianche porte e il rilucente pavimento di mattonelle ceramicate napoletane. Posti sopra i camini,inseriti in eleganti nicchie, gli specchi con la loro luce riflessa, nel mondo allusivo del rococò, evocano simbolicamente il fuoco. Il cui dio, Vulcano, ritroviamo nel "Consiglio degli Dei" riuniti a celebrare il trionfo del casato dei Paternò Castello nell'affresco del soffitto di Sebastiano lo Monaco. Qui si trova una realizzazione quasi unica: il cupolino si apre in un ballatoio su cui si disponevano tutt'intorno i musicisti. La grande cupola è decorata con otto ovali con figure allegoriche contrapposte: Purezza e Vanità, Forza e Giustizia, Giorno e Notte, Amore e Morte. Le porte sono sormontate da sette grandi tele che mostrano vedute di Napoli, di ottima fattura e piene di particolari della vita di ogni giorno e di riferimenti topografici ed architettonici. Sono opere di Eustachio Pesci (1771) autore anche delle vedute presenti nel Palazzo Reale di Portici. Nell'ingresso dell'alcova di fondo le colonne vengono capovolte, quasi con finalità anticostruttive per scioglierle da ogni rapporto con i canoni architettonici e per inserirle nella predominante ricerca dell'asimmetria. Ma è nella galleria che si coglie il frutto più sorprendente del "nuovo stile" introdotto nell'Isola. La scala riceve con esatta tangenza la luce che entra dalle larghe vetrate, gli stucchi accompagnano il dispiegarsi del ritmo, quasi la descrizione nello spazio di una vaporosa piroetta. Opera che supera i risultati dell'attività degli artigiani locali, e che potrebbe essere nata dalla collaborazione dell'esperienza tecnica di Francesco Battaglia con i decoratori (pensiamo ad Antonio Pepe), stimolati dai disegni che il principe Ignazio raccoglieva per la casa e per la biblioteca. Sulla porta della galleria gli affreschi aggiungono un elemento ricorrente della decorazione rococò: scene galanti alla Watteau sulle quali scorciano prosperosi putti, gemelli di quelli che nel soffitto del salone allargano la corona di fiori e frutta. Boiseries, intarsi, specchi, affreschi, porcellane, cineserie si ritrovano nelle stanze dell'appartamento del primo piano, una suite di tre piccole camere, l'ultima delle quali è di grande interesse. In essa il pavimento a commesso di marmi antichi, è simile a quello della stanza di Leda a Palazzo Rondinini a Roma ( 1760). Il gusto dei marmi antichi, sia come collezione che per reimpiego, conobbe grande favore nella seconda metà del '700 in seguito agli scavi di Ercolano. Trovare questo in Sicilia è di indubbio interesse poiché, mentre nella Città Eterna l'abbondanza di marmi antichi permetteva questi disegni con grandi lastre, ciò era molto più raro nelle città "periferiche". Le pareti sono rivestite da una boiserie in legno di rosa con intarsi che creano motivi "à berceau" con intrecci di rami e pagode "en chinoiserie" eseguiti con notevole maestria. Nella stanza si apre una piccola alcova affrescata con motivi "rocailles", su un lato della quale è posta una grande e profonda vasca di marmo dalle alte pareti, che non parrebbe destinata per le semplici abluzioni. Fungeva forse da fontana interna, creando, insieme alla boiserie, una sorta di fresco angolo di Arcadia, consacrato a guisa dei luoghi ombrosi di un giardino, a conversazioni di cui possiamo ancora percepire l'eco. In queste stanze eleganti vetrine mostravano porcellane e preziosi oggetti. “Fummo introdotti dal Principe il quale ci fece vedere la sua collezione di monete per un atto di deferenza speciale... Dopo aver dedicato a quest'esame un certo tempo, sempre troppo poco tuttavia, stavamo per congedarci, quando egli volle presentarci alla madre, nel cui appartamento erano esposti altri oggetti d'arte di più piccola dimensione...Ci aprì ella stessa la vetrina, in cui erano custoditi gli oggetti d'ambra lavorata... Questi oggetti come pure le conchiglie incise, che vengono lavorate a Trapani e infine alcuni squisiti lavori in avorio formavano la compiacenza particolare della gentildonna, che trovava il modo di raccontare in proposito più di una piacevole storiella. Il principe dal canto suo ci intrattenne intorno a cose più serie e così trascorsero alcune ore dilettevoli ed istruttive. Nel frattempo, la principessa aveva appreso che eravamo tedeschi, per cui ci domandò notizie dei signori von Riedesel, Bartels, Munter, tutti da lei conosciuti e dei quali aveva anche saputo discernere ed apprezzare egregiamente il carattere e il costume. Ci siamo congedati a malincuore da lei, ed ella stessa parve ci lasciasse andar via di malincuore.” J. W. Goethe - Viaggio in Italia Il palazzo è ancora oggi in gran parte abitato dai discendenti della famiglia e i suoi saloni principali sono spesso usati per manifestazioni di prestigio di carattere mondano e culturale. Gran parte delle collezioni raccolte nel museo del principe di Biscari sono state donate al comune e trasferite al Museo Civico di Castello Ursino.
Palazzo del Toscano Il Palazzo fu inizialmente costruito, nel primo settecento, su progetto dell’insigne architetto Vaccarini, ma la sua edificazione si fermò al primo piano soprastante gli ampi locali di servizio sulla strada, scanditi dagli archi in pietra bianca e nera tipici di altri monumenti del barocco catanese. Abitato dalla Famiglia Tedeschi Bonadies baroni di Villermosa, nel 1858 fu destinato dall’ultimo discendente della casata al nipote Antonino Paternò del Toscano, che di lì a poco sarebbe divenuto primo sindaco di Catania, malgrado le precedenti affermazioni di fede borbonica. Il marchese del Toscano, a sostegno dell’ascesa del casato nell’Italia Unita, decise di continuare la costruzione del palazzo, rimaneggiandone però l’architettura complessiva. Dopo un primo incarico al torinese Poletti, più rispettoso del primitivo impianto del Vaccarini, il marchese si affidò all’architetto napoletano Errico Alvino che realizzò un’architettura compatta e severa, ma chiaramente influenzata dall’eclettismo artistico dell’ottocento e, insieme, dal gusto per gli ambienti “a tema” proprio dei palazzi napoletani. Il suo progetto fu poi copiato nella edificazione di un altro palazzo catanese, ma con minore maestosità. I decori e l’arredamento della Sale di Rappresentanza, nonché i rivestimenti marmorei e gli affreschi del grandioso scalone d’onore, furono cura dell’erede primogenito Giovanbattista Paternò, sposato a una Caracciolo di Napoli e anch’egli sindaco di Catania in periodi alterni, tra cui quello coincidente con il completamento e l’inaugurazione del Teatro Massimo Bellini. Gran signore, attento sia alla tradizione siciliana dei maestri decoratori e affrescatori sia al gusto umbertino dei salotti della Capitale sia all’incipiente Liberty, completò la sua opera, con notevole mole di capitali e sacrificando due feudi, intorno al 1910. Molte descrizioni d’ambiente del romanzo “I Vicerè” di F. De Roberto sembrano sovrapponibili alle architetture del palazzo e alle sue modalità di fruizione fino ai primi decenni del novecento. Utilizzato come location per set cinematografici come “Paolo il caldo” di Vicario tratto dal romanzo di Vitaliano Brancati, “Un bellissimo Novembre” di Mauro Bolognini tratto dal romanzo di Ercole Patti, e lo sceneggiato Rai “La Piovra”.
Palazzo Del Toscano
38 Piazza Stesicoro
Palazzo del Toscano Il Palazzo fu inizialmente costruito, nel primo settecento, su progetto dell’insigne architetto Vaccarini, ma la sua edificazione si fermò al primo piano soprastante gli ampi locali di servizio sulla strada, scanditi dagli archi in pietra bianca e nera tipici di altri monumenti del barocco catanese. Abitato dalla Famiglia Tedeschi Bonadies baroni di Villermosa, nel 1858 fu destinato dall’ultimo discendente della casata al nipote Antonino Paternò del Toscano, che di lì a poco sarebbe divenuto primo sindaco di Catania, malgrado le precedenti affermazioni di fede borbonica. Il marchese del Toscano, a sostegno dell’ascesa del casato nell’Italia Unita, decise di continuare la costruzione del palazzo, rimaneggiandone però l’architettura complessiva. Dopo un primo incarico al torinese Poletti, più rispettoso del primitivo impianto del Vaccarini, il marchese si affidò all’architetto napoletano Errico Alvino che realizzò un’architettura compatta e severa, ma chiaramente influenzata dall’eclettismo artistico dell’ottocento e, insieme, dal gusto per gli ambienti “a tema” proprio dei palazzi napoletani. Il suo progetto fu poi copiato nella edificazione di un altro palazzo catanese, ma con minore maestosità. I decori e l’arredamento della Sale di Rappresentanza, nonché i rivestimenti marmorei e gli affreschi del grandioso scalone d’onore, furono cura dell’erede primogenito Giovanbattista Paternò, sposato a una Caracciolo di Napoli e anch’egli sindaco di Catania in periodi alterni, tra cui quello coincidente con il completamento e l’inaugurazione del Teatro Massimo Bellini. Gran signore, attento sia alla tradizione siciliana dei maestri decoratori e affrescatori sia al gusto umbertino dei salotti della Capitale sia all’incipiente Liberty, completò la sua opera, con notevole mole di capitali e sacrificando due feudi, intorno al 1910. Molte descrizioni d’ambiente del romanzo “I Vicerè” di F. De Roberto sembrano sovrapponibili alle architetture del palazzo e alle sue modalità di fruizione fino ai primi decenni del novecento. Utilizzato come location per set cinematografici come “Paolo il caldo” di Vicario tratto dal romanzo di Vitaliano Brancati, “Un bellissimo Novembre” di Mauro Bolognini tratto dal romanzo di Ercole Patti, e lo sceneggiato Rai “La Piovra”.

Le Guide ai Quartieri

Si racconta che per conoscere la storia di Catania si deve dare uno sguardo a uno dei suoi storici quartieri, San Berillo. Nel centro di Catania, San Berillo mostra ai suoi visitatori tanti volti e sfaccettature fatti di palazzi incompiuti o distrutti dai bombardamenti e di altri prima barocchi, ora appartenenti all’architettura fascista o semplici case dall’architettura povera. Sorto dopo il terremoto del 1693, il quartiere, che muoveva da Piazza Stesicoro, era destinato a diventare un quartiere nobile ma le ricostruzioni e le speculazioni edilizie che seguirono, sino a quelle degli anni Cinquanta, trasformarono San Berillo in un quartiere angusto ed emarginato. Un tempo luogo delle case di Tolleranza, chiuse nel 1958 dalla legge Merlin, il quartiere ha continuato ad essere un luogo di rifugio per delinquenza e prostituzione. Oggi, dopo la sua riqualificazione, diverse associazioni muovono allo scopo di promuovere il rilancio e la valorizzazione turistica e culturale di questo storico angolo di Catania. I tour di “Catania Segreta” portano alla scoperta di San Berillo dalla prospettiva dei suoi abitanti permettendo al visitatore di ascoltare, direttamente da chi il quartiere lo vive quotidianamente, “segreti, i loro sogni ma anche le loro delusioni e i rischi del mestiere più antico del mondo”. In via Buda, nuova vita è data dalla presenza del museo ReBa, galleria che promuove l’arte in tutte le sue forme.
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San Berillo
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Si racconta che per conoscere la storia di Catania si deve dare uno sguardo a uno dei suoi storici quartieri, San Berillo. Nel centro di Catania, San Berillo mostra ai suoi visitatori tanti volti e sfaccettature fatti di palazzi incompiuti o distrutti dai bombardamenti e di altri prima barocchi, ora appartenenti all’architettura fascista o semplici case dall’architettura povera. Sorto dopo il terremoto del 1693, il quartiere, che muoveva da Piazza Stesicoro, era destinato a diventare un quartiere nobile ma le ricostruzioni e le speculazioni edilizie che seguirono, sino a quelle degli anni Cinquanta, trasformarono San Berillo in un quartiere angusto ed emarginato. Un tempo luogo delle case di Tolleranza, chiuse nel 1958 dalla legge Merlin, il quartiere ha continuato ad essere un luogo di rifugio per delinquenza e prostituzione. Oggi, dopo la sua riqualificazione, diverse associazioni muovono allo scopo di promuovere il rilancio e la valorizzazione turistica e culturale di questo storico angolo di Catania. I tour di “Catania Segreta” portano alla scoperta di San Berillo dalla prospettiva dei suoi abitanti permettendo al visitatore di ascoltare, direttamente da chi il quartiere lo vive quotidianamente, “segreti, i loro sogni ma anche le loro delusioni e i rischi del mestiere più antico del mondo”. In via Buda, nuova vita è data dalla presenza del museo ReBa, galleria che promuove l’arte in tutte le sue forme.
San Giovanni Li Cuti è un piccolo borgo a Catania, posto sul mare con la spiaggia composta di sabbia nera vulcanica e per scendere a mare bisogna superare gli scogli di pietra lavica. Il nome San Giovanni si riferisce alla piccola parrocchia che dipende dalla chiesa vicina “Santa Maria della Guardia“, invece l’appellativo “Li Cuti” deriva dal dialetto catanese per indicare gli scogli. Questo bellissimo e caratteristico borgo catenese è pieno di ristoranti e lidi, dove poter mangiare i piatti tipici della cucina siciliana e trascorrere momenti di relax e divertimento durante la stagione estiva. Infine è molto interessante passeggiare lungo il pittoresco porto dove è possibile ammirare le antiche imbarcazioni in legno dei pescatori e i suoi abitanti vengono chiamati “Licutiani”.
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Via San Giovanni Li Cuti
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